
Fotografia di Tuul&Bruno Morandi, Corbis
Sempre più spesso ormai i viaggiatori cercano durante il loro girovagare il contatto reale con gli altri paesi, con le loro popolazioni e la loro cultura.
Il nostro viaggiare, anche se sostenibile e responsabile, ha sempre e comunque un impatto su quello che abbiamo attorno, persone, animali ed ambiente.
Lo sfruttamento animale a sfondo turistico è una pratica molto estesa sfortunatamente ovunque sulla Terra e tante volte la disinformazione ci porta a compiere azioni che sarebbe più conveniente evitare.
Troppo spesso infatti i turisti non sanno, non si informano e non vengono informati, sono forse distratti dalla spensieratezza della vacanza e non prestano attenzione agli animali impiegati nel settore del turismo.
L’insieme di ricercatori della Wildlife Conservation Research Unit dell’Università di Oxford – ha pubblicato sulla rivista PLoS ONE un vasto studio sul turismo naturalistico nel mondo.
Hanno scoperto che le tantissime persone che ogni anno visitano attrazioni con fauna selvatica non sembrano rendersi conto dell’impatto che queste strutture possono avere sulla salute degli animali.
Questo esempio di attrazioni attira il 20-40% del turismo a livello mondiale, purtroppo molti di questi turisti pagando il loro biglietto d’ingresso, finanziano delle strutture che non hanno alcun fine di conservazione, né si prendono cura adeguatamente degli animali che custodiscono.
Altro dato rilevato dagli studiosi è che l’80% dei turisti che lasciano una recensione in merito alle strutture non sembra rendersi conto di quando sono inadeguate a gestire la fauna selvatica.
I ricercatori, guidati dal biologo conservazionista Tom Moorhouse, hanno comparato 24 tipologie di attrazioni.
Le strutture sono state divise in cinque categorie: strutture che offrono l’interazione con animali in cattività (trekking sugli elefanti e incontri ravvicinati con grandi felini), i santuari, che aiutano e proteggono la fauna selvatica, le wildlife farms in cui specie animali vengono allevate per altri scopi, gli spettacoli di strada ed infine attività come i safari.
“Alcune delle attrazioni che in noi hanno suscitato più preoccupazione per il benessere degli animali hanno ricevuto recensioni estremamente positive dai visitatori”, spiega in un comunicato stampa Neil D’Cruze, uno degli autori dello studio, ricercatore capo al World Animal Protection, un’organizzazione no profit con sede a Londra che si occupa di benessere animale.
David Macdonald, direttore della Wildlife Conservation Research Unit, ha affermato: “È davvero triste che i turisti, senza dubbio vittime di un business che sfrutta gli animali e il loro interesse genuino nei loro confronti, finiscano per sostenere delle attrazioni che non solo tengono i loro animali in pessime condizioni, fanno anche danni notevoli in termini di conservazione”.
Un esempio da ricordare è il Tempio delle Tigri o Tiger Temple, un gigantesco edificio ancora in costruzione che specula sui soldi che i turisti pagano, convinti che servano per rieducare e reintrodurre nel loro ambiente questi meravigliosi felini.Ma un dato effettivo è che dal 1999 ad oggi non è mai stata reintrodotta in libertà una sola tigre.
Altra realtà con animali selvatici impiegati nel settore turistico, è quella degli elefanti della Thailandia dove ci sono moltissimi elephants camps.
Qui gli animali, oltre alla sofferenza fisica prodotta dalle condizioni di vita devono subire i trattamenti disumani praticati durante gli addestramenti.
Ogni operatore turistico, ovviamente, sostiene che gli elefanti sono stati recuperati dai bracconieri e che adesso lavorano felicemente nel turismo. Ma è così? Le attività proposte sono davvero sostenibili?
Sarebbe dunque giusto chiedersi se il turismo sia un vantaggio per la salvaguardia dell’elefante asiatico oppure un’ulteriore minaccia.
I turisti possono avere un ruolo decisivo nel benessere animale, evitando di comprare pacchetti viaggio in cui siano presenti attività dannose per gli animali, preferendo un prodotto eco-sostenibile.
Anche le agenzie di viaggi si stanno rendendo conto che la cavalcata sugli elefanti non è in realtà come spesso si aspetta.
Il tour operator australiano Intrepid Travel, dopo delle ricerche, realizzate con l’intervento di World Society for the Protection of Animals (WSPA), per valutare la salute degli elefanti in cattività nei villaggi destinati ai turisti, ha scelto di eliminare dai suoi cataloghi le escursioni con gli elefanti.
Il Dottor Jan Schmidt-Burbach, medico veterinario esperto in fauna selvatica e consulente della WSPA ha dichiarato: “Gli animali selvatici non sono nati per intrattenere gli esseri umani ma per essere liberi in natura”.
La WSPA (Società Mondiale di Protezione di Animali) ha proposto di rispettare le regole che sono menzionate come “Le Cinque Libertà”, perché l’uso commerciale di animali per il turismo sia adeguato ai principi del turismo sostenibili che rispetta l’ambiente.
Le cinque proposte sono il rispetto dell’adeguato nutrimento degli animali, attenzione ad evitare la scomodità permanente, il dolore, le malattie e anche la possibilità di manifestare il loro comportamento naturale e il diritto di vivere senza crudeli pressioni.
Crediamo che quello che dovremmo domandarci realmente è se alcune attività considerate tradizionali, sono eticamente ammissibili ai giorni nostri.
L’eco turismo non desidera lo sfruttamento degli animali.
Come si legge nel blog Pimpmytrip, Immanuel Kant diceva: “L’uomo deve mostrare bontà di cuore verso gli animali, perché chi usa essere crudele verso di essi è altrettanto insensibile verso gli uomini.”
Tag:animali, animali in cattività, ecosostenibilità, natura, safari, salvaguardia della fauna, sfruttamento, turismo, zoo