Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha raccolto quasi tutte le Regioni italiane (18 su venti), una moltitudine di Comuni e un ricco parterre di associazioni intorno all’obiettivo di “valorizzare il patrimonio artistico, naturale e umano di luoghi definiti nel Piano Strategico di Sviluppo del Turismo come una componente determinante dell’offerta culturale e turistica del Paese”.
Il 2017 sarà quindi l’Anno dei Borghi, “che costellano il territorio delle nostre regioni, ricchi di storia, cultura e tradizioni, sono il cardine per la crescita di un turismo sostenibile, capace di creare autentiche esperienze per i visitatori e di permettere lo sviluppo armonico delle comunità che vi vivono. L’Anno dei Borghi sarà un momento importante per promuovere queste realtà che tanto contribuiscono alla qualità della vita nel nostro Paese”. Così il ministro, Dario Franceschini, ha concluso l’evento di presentazione svoltosi il 15 febbraio nella splendida Biblioteca di Castel Sant’Angelo, dando appuntamento a maggio per un forum dedicato agli Stati generali dei borghi, con lo slogan (pardon, il tweet…) #Borghi, un viaggio italiano.
Allo scopo, è stato istituito un Comitato per i Borghi turistici italiani, che dovrà realizzare un Atlante dei borghi e molte altre azioni, una delle più significative delle quali è “Casa Italia”, per la riqualificazione dei borghi colpiti da eventi sismici – tema questo di stretta e dolorosa attualità. Ma come risolvere il drammatico contrasto tra turismo e terremoto? Il sisma ha interessato solo il 5% delle aree ma l’economia è stata colpita nell’insieme dei territori coinvolti. Interessante, in proposito, l’intervento di Paolo Piacentini, esperto del Ministero per il tema dei cammini che attraversano il paese e collegano reticoli di borghi. Ci sarà infine un riconoscimento annuale, Borgo smart, per la comunità locale dimostratasi più attiva nell’ambito dell’innovazione dell’offerta turistica.
Tutto molto bello, dunque? Certo, ma ad una condizione: non considerare i borghi come una scenografia, bensì come luoghi da vivere, e prima ancora da far vivere. Questo infatti l’accorato appello, lanciato dal vicepresidente della Regione Abruzzo, Giovani Lolli: bisogna salvare l’Italia dei borghi, minacciata prima dal declino demografico ed economico, poi dagli eventi sismici.
Sì, ma come si fa? Ad esempio, puntando sulla valorizzazione commerciale dei borghi, attraverso strumenti come “centri commerciali naturali” e “Comunità del cibo”: meglio i prodotti tradizionali dei prodotti a marchio doc, dop, docg, perché incorporano un racconto, così come gli antichi mestieri. Da non sottovalutare, poi, la capacità ricettiva dei piccoli e piccolissimi comuni, che è sì bassa ma per fortuna non è standardizzata e anzi deve poter essere libera, con le formule che via via si elaborano (ristorante in casa, couchsurfing, etc.). Va ridotta l’infrastrutturazione, che vede moltiplicarsi ad esempio le “vie dell’olio” con effetti di confusione sull’utenza: questo il pensiero di Albino Caporale per la Regione Toscana.
Rigenerazione e resilienza sono caratteristiche dei borghi, dove è vuota una casa su due, per il fenomeno delle seconde dimore o perché abbandonate, danneggiate. Da qui la necessità, rilevata da Rossella Muroni di Legambiente, di fare rete per fronteggiare la fragilità dei territori: in Lunigiana dopo l’alluvione del 2011 si è puntato sul modello dell’albergo diffuso, con un centro di coordinamento a Fosdinovo; nei Sibillini è stata realizzata una mappatura dettagliata; in Molise si è puntato sull’innovazione sociale e sul turismo di comunità: anche qui albergo diffuso e orti biologici, e non solo il “piccolo borgo antico”.
Come si accennava all’inizio, anche l’ONU ha proclamato il 2017 come annus specialis, in questo caso votandolo al turismo sostenibile: sembra quindi davvero un’occasione propizia per ricordare a tutti che il turismo o si riempie di contenuti valoriali, o non funziona più.
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