Oltre 300 milioni di danni: è il bilancio provvisorio tirato in Toscana, dopo le alluvioni dei giorni scorsi e le esondazioni seguite al maltempo. E se si sommano i dati del 2012, la cifra diventa spaventosa: 500 milioni di euro di cui, ad oggi, lo Stato ne riconosce appena 150.
Un’enorme quantità di pioggia è caduta sulla regione, con vari fenomeni di flash flood: la “cascata” improvvisa e abbondante, che causa rapidissimi allagamenti difficilmente controllabili. Di conseguenza, fiumi e affluenti sono straripati: fra gli altri il Cecina, l’Era, l’Elsa, il Bruna, il Sovata. Non solo allagamenti, ma anche fango e detriti a peggiorare la situazione: la maggior parte delle colture sommerse completamente non produrranno più nulla.
“Siamo climaticamente su un Titanic, ma facciamo finta di non accorgercene, nonostante gli eventi ce lo ricordino costantemente”
Così si è espresso Massimo Gargano, presidente dell’Anbi, l’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni: la preoccupazione è per novembre, il mese più a rischio dal punto di vista idrogeologico. E le attuali previsioni meterologiche non fanno ben sperare: la combinazione di piogge intense e temperature superiori alla media potrebbe creare non solo altri danni, ma anche vittime, il cui bilancio attuale è fermo a 10.
L’urbanizzazione incontrollata è una parte fondamentale del problema, ma anche l’assenza completa di un piano di messa in sicurezza dei territori, in un paese in cui il dissesto idrogeologico interessa l`82% dei comuni: in Italia, infatti, 6 milioni di persone abitano in un territorio ad alto rischio idrogeologico e 22 milioni in zone a rischio medio.
Ma i soldi non ci sono, quantomeno in Toscana. Nella riunione convocata qualche giorno fa dal sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti Erasmo D’Angelis, si è parlato di forti ritardi e finanziamenti insufficienti:
“Le risorse arrivate dallo Stato per la Toscana non bastano-ha spiegato D’Angelis- ed è ora di invertire la tendenza puntando sulla prevenzione e sulla sicurezza e non sugli interventi in emergenza”
Dei 900 milioni stimati come fabbisogno nazionale per il dissesto idrogeologico dal ministero dell’Ambiente, spiega il sottosegretario “nelle bozze della Legge di Stabilità ne troviamo solo 30 per la difesa del suolo, praticamente niente. Abbiamo già chiesto di arrivare ad almeno 500 milioni, prevedendo di investire queste somme in modo continuativo nei prossimi 10 anni”.
Non solo, anche le risorse stanziate in precedenza sono “bloccate”: dei 104 milioni stanziati nel 2005 per la bonifica del Bacino dell’Arno, una delle opere più ingenti progettate negli ultimi anni n Italia, solo la metà è stata utilizzata, perché mancano le progettazioni definitive e le opere precedenti non sono state ultimate.
“C’è bisogno dell’assunzione di responsabilità da parte di tutti- ha aggiunto il Segretario dell’Autorità di Bacino dell’Arno- per la più grande opera strategica infrastrutturale del nostro Paese, che è la lotta al dissesto idrogeologico con l’Arno che continua ad essere la seconda emergenza nazionale dopo il Vesuvio”
Una storia come tante, esemplificativa di un certo stile italiano: nessuna analisi complessiva dei problemi, soluzioni una tantum come toppe, nessuna lungimiranza per la progettazione di piani urbanistici alternativi.
E l’emergenza, in Italia, è di fatto una condizione stabile: secondo i dati del CNR, infatti, tra il 1950 e 2012 si sono registrati 1.061 frane e 672 inondazioni, eventi che hanno causato oltre 9.000 vittime e oltre 700.000 sfollati.
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