I musei italiani sono poco social e perdono il confronto con gli altri paesi. A dirlo è una ricerca di “The Art Newspaper”, un mensile inglese sulle arti visive, che ha stilato la classifica di quelli più visitati al mondo nel 2012. Uno solo si salva, ed è presente sui social network più importanti: si tratta di Palazzo Strozzi a Firenze. Il museo fiorentino ha sia un profilo Twitter, che uno Facebook con quasi 8 mila “mi piace”.
Quante volte si sente dire che l’Italia potrebbe vivere solo di turismo, che i beni culturali del nostro Paese sono fondamentali per il rilancio dell’economia? Ma come può avvenire questo se i musei per primi non puntano a porsi in modo meno statico e più partecipativo? La stroncatura arriva dal sito inglese che mette in evidenza come tra i cento musei più visitati al mondo solo dodici siano italiani. I dati raccolti però fotografano anche un’altra realtà: pochissimi sono i musei presenti sui social network e che usano il web per promuoversi e farsi conoscere, con newsletter per esempio o con blog per avere contenuti sempre aggiornati e ottimizzati per i motori di ricerca, con app dedicate per nuovi tablet e smartphone. Ma anche per creare una community e senso di appartenenza. Con un tipo di comunicazione informale si può favorire il dialogo, coinvolgendo l’utente e utilizzando la Rete per un buon customer service e rispondere alle esigenze dei visitatori.
Sono quattro gli altri musei del nostro Paese, inseriti nella top 100, che si sono dotati di almeno un account social. I più visitati (pur non essendo italiani in senso stretto) sono i Musei Vaticani, presenti solo su Facebook, con 45.993 like. Stesso discorso per la Galleria degli Uffizi (seconda in classifica), la cui pagina fan presente sul social network di Mark Zuckerberg registra, attualmente, 27.867 apprezzamenti. Ha puntato tutto su Twitter invece la Reggia di Venaria Reale di Torino.
Fa riflettere il dato di altri importanti poli museali nostrani, custodi dei più importanti tesori d’arte e storia dell’Occidente, che non hanno alcun profilo social: Palazzo Ducale di Venezia, il Parco del Castello di Miramare di Trieste, Palazzo Reale di Milano, Parco di Capodimonte di Napoli, Palazzo Pitti di Firenze, il Museo Centrale del Risorgimento e il Complesso del Vittoriano di Roma.
Un trend in netta controtendenza rispetto a quello che succede in ambito internazionale. Due dei primi tre musei più visitati al mondo sono, infatti, su entrambi i social media. Il Louvre di Parigi per esempio ha 60mila follower su Twitter e 1.090.063 mi piace su Facebook. Il British Museum di Londra, invece, raccoglie 218mila follower su Twitter e 426mila fan su Facebook.
I social network giocano un ruolo fondamentale per la promozione dei musei. Si può prendere come caso di successo il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, che secondo il sito Museum Analytics, un’agenzia specializzata nello sviluppo di strategie on-line per i beni culturali, è quello che più attua una comunicazione integrata e 2.0. Il primo biglietto da visita on-line del museo lagarino è il suo sito internet, capace nel 2012 di attirare 480.056 visitatori che, nel complesso, hanno visualizzato quasi un milione e 400 mila pagine. Nel mese di dicembre dello scorso anno poi il portale web ha conosciuto un restyling grafico per renderlo fruibile anche su tablet e smartphone, oltre a suddividere il sito in sette differenti e comode aree di consultazione.
Diversa infatti la situazione per alcune realtà locali. Ilsocialpolitico.it, che analizza l’attività sui social media di politici, istituzioni e fenomeni sociali, ha messo, a confronto due musei romani: il Musei delle Arti del XXI secolo (Maxxi) e il Museo di Arte Contemporanea di Roma (Macro). Entrambi sono presenti sui principali social media, con una netta prevalenza del Maxxi in termini di popolarità. Con i suoi 20.939 follower e 66.460 “like” batte gli 11.655 follower e i 54.866 “mi piace” del Macro.
In Rete intanto nascono iniziative per aiutare i musei a “svegliarsi”, come #svegliamuseo, un progetto sperimentale nato da tre giovani ragazze per aiutare i musei italiani ad ottenere una migliore comunicazione online. L’obiettivo è accendere i riflettori sul problema e portarli a capire l’importanza di comunicare e twittare con il pubblico.
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