La base in pietra calcarea – ma anche in vulcanico basalto -, il tetto (conico) con i robusti rami del raro (e oggi protetto) ginepro e frasche varie. Più il sughero e l’argilla per isolare. Sono gli ingredienti base dei Cuiles, le case dei pastori del Supramonte (la montagna più selvaggia della Sardegna), che per millenni hanno popolato le montagne dell’interno della Barbagia (regione culturale sarda). Un esempio eccellente di architettura rurale, in territori spesso difficili da raggiungere, che assicura la sostenibilità ecologica con il soddisfacimento dei bisogni umani primari.
I Cuiles sono stati utilizzati fino alla fine del secondo dopoguerra dai pastori e dalle loro famiglie. Con la bonifica e la valorizzazione delle terre incolte, la riforma agraria e la motorizzazione, giorno dopo giorno le capanne di montagna sono state abbandonate. Il pastore – finalmente – si è potuto trasferire stabilmente nel paese d’origine, spostandosi quotidianamente nella sua azienda zootecnica. Una conquista per le condizioni di vita ma la fine di una cultura millenaria. Le montagne più impervie si sono quindi spopolate e i cuiles sono stati abbandonati.
Questi territori sono così diventati quasi dei ‘’non luoghi’’ – secondo la definizione dell’antropologo Marc Augè -, soprattutto negli ultimi anni, con la valorizzazione del turismo ambientale ed escursionistico. Non più comunità stabili, ma flussi (stagionali per lo più) di visitatori. Paradossalmente – a dispetto dei teorici del turismo come male assoluto – anche il turismo ha favorito la riscoperta del magico e ancestrale mondo dei Cuiles. In Sardegna, più che l’interesse verso il turismo escursionistico e culturale – pure coltivato molto bene negli ultimi anni – l’attenzione verso questi monumenti è cresciuta grazie al volontariato di chi ama non perdere tradizioni e radici.
A Dorgali – paese tra mare montagna, molto conosciuto anche per la frazione marina di Cala Gonone – un gruppo di cittadini, in modo disinteressato e con forte impegno civico, ha organizzato la ristrutturazione dei Cuiles. Decine di persone che hanno trasportato il ginepro – con l’autorizzazione del Corpo Forestale –, rimesso a posto i muri e realizzato tutti gli interventi necessari a far rivivere le antiche capanne dei pastori.
Per descrivere questo fenomeno, non si può non fare riferimento alla ricerca e allo studio di Leo Fancello, noto speleologo e grande conoscitore del Supramonte, che per primo ha realizzato una mappa dettagliata degli insediamenti pastorali nel Supramonte. Un prezioso contributo storico, che ha preso forma anche con una guida: in Trekking dei Cuiles , Fancello offre itinerari e informazioni utili a tutti coloro che vogliono scoprire questa memoria materiale della civiltà pastorale.
Come la canoa è stata riportata in vita dagli indigeni del Brasile – ormai completamente asserviti al gommone -, nel momento in cui scroprirono che c’era qualcuno disposto a pagare per pagaiare, così i Cuiles sono diventati una sostenibile e intelligente proposta turistica di cooperative e società di escursioni. Una ‘’Grande Bellezza’’ in calcare e ginepro tutta da scoprire.
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