È con tutta certezza il miglior testimonial turistico della Sicilia. Stiamo parlando del commissario Montalbano, un personaggio che ha preso vita dalla penna di Andrea Camilleri, conosciuto dalla nicchia degli affezionati divoratori dei testi dello scrittore di Porto Empedocle (Agrigento). Ma è con la fiction televisiva, col ruolo del commissario interpretato da Luca Zingaretti, che il commissario vede arridere la fama internazionale.
Già, perché la serie televisiva è stata tradotta e trasmessa in Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Australia, Stati Uniti, Finlandia, Polonia, Svezia, Danimarca e Ungheria. Convogliando un’immagine della Sicilia che si discosta da quella cristallizzata da “Il padrino” o “Il gattopardo”, film rispettivamente di Coppola e Visconti. Diciamo più aggiornata, senza nulla togliere alla valenza letteraria dei due capolavori appena citati. Immagine che ha favorito un’enorme curiosità turistica sui territori teatro della fiction.
Ma è inutile cerchiate su Google Maps dove si trova esattamente Vigata: nonostante il nome sia molto plausibile nella toponomastica siciliana, esso è di fantasia. L’ambientazione della serie televisiva è invece assolutamente reale, non è ricostruita a Cinecittà o affini. Parliamo di Modica, Ragusa, Scicli (la sede del commissariato è in realtà la sede del Comune), Ispica, Santa Croce Camerina (la famosa casa sul mare è a Punta Secca, che ricade nel territorio di questo Comune).
Il Sud-Est siciliano, meglio conosciuto come il Val di Noto. Tranquilli, non ho fatto errori di battitura: non è una valle, come sono abituati a ritenere soprattutto i residenti alpini, ma un vallo. La Trinacria si chiama così (ho scoperto) poiché gli arabi, a suo tempo, avevano suddiviso in tre valli, plurale maschile, l’intero territorio regionale. Il Val di Noto era uno dei tre e infatti il sito Unesco seriale che porta lo stesso nome parte da Catania e comprende le province di Catania, Siracusa e Ragusa. Mazara del Vallo (per l’appunto e per capirci) fungeva da capofila di un altro spicchio della Trinacria.
Sulla scia di Montalbano sono fiorite insegne ad esso ispirate: non è infrequente imbattersi in negozi, botteghe o ristoranti che riportano la scritta “arancini di Montalbano” e simili. Si tratta, come intuite facilmente, di un semplice accorgimento per proporre in veste più accattivante le pietanze tipiche del luogo. Sfruttando l’indiscutibile effetto traino del commissario, questo testimonial piovuto dal cielo, che si sta rivelando una gallina dalle uova d’oro o giù di lì.
Acchiappacitrulli, direte voi, ma già si casca meglio che col ristorante “Il padrino” a Corleone, con ammiccamento di dubbio gusto, aggiungo io! E quando, tempo fa, si è paventato di spostare il set della produzione in Puglia, apriti cielo: si è assistito ad una mobilitazione coi fiocchi. Non “babbiamo”!
Quando mai riusciremo a trovare un canale di promozione del territorio così dirompente…… Proprio su questo mi volevo soffermare, rinviando per una disamina approfondita sul fenomeno Montalbano a una pubblicazione di Giuseppe Mazzarella: “Il caso Montalbano – marketing, turismo, celluloide e cibo”, Morrone editore. Il miglior testimonial del Val di Noto è un personaggio di fantasia, con alcuni nomi di fantasia (diamine, è una fiction, non un documentario). Va benissimo, andrebbe bene anche nonna Concetta o zio Santuzzo se ottenessero analogo effetto (magari eviterei nomi di portata un po’ caricaturale come questi).
Costruiamo anche itinerari su Montalbano. Ma non dimentichiamo che è un effetto traino e chi arriva spinto dalla curiosità vuole scoprire altri aspetti del genius loci. Instradato dal commissario, ci mancherebbe, scoprendo però un paniere più vasto delle aspettative riposte. In fin dei conti, gli scrigni di cui dispone la Sicilia preesistevano a Montalbano: si tratta di comunicarli con la formula giusta e di attrezzarsi per renderli fruibili ed attrattivi. Innovare la dotazione di frecce per il proprio arco.
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