Creare un nuovo modo di vivere gli ambienti urbani, ritrovare il contatto con la natura, migliorare la qualità della vita dei nostri quartieri: tutto questo e molto altro sono gli orti urbani, un fenomeno ormai diffuso in grandi città come Roma e Milano, in cui il verde viene “sottratto” sempre più ai cittadini, per essere confinato dentro le aree commerciali e ridotto alle dimensioni delle aiuole non calpestabili.
L’orto urbano non è solo un passatempo condiviso: è un modo di riappropriarsi degli spazi, del controllo sul cibo, di ricomporre e progettare nuove forme di relazioni sociali, a partire dal nostro quartiere. E’ una forma di cittadinanza attiva, ma anche un laboratorio dove sperimentare pratiche collettive di tutela ambientale e interazione con il contesto. Inoltre, permette di “alleggerire” il nostro impatto sulla città, riequilibrando, epr quanto possibile, le emissioni nocive causate dalle nostre attività.
Il desiderio di spazi verdi condivisi e costruiti in modo collaborativo cresce sempre di più nelle aree in cui le esperienze di contatto con l’ambiente naturale sono rare: a Roma è un vero e proprio boom. Per raccogliere queste esperienze preziose è nata Zappata Romana: un progetto che indaga orti e giardini ed iniziative di guerrilla gardening condivise della Capitale, per metterne insieme esperienze e pratiche organizzative.
Dal 2010 Zappata Romana, progetto a cura di Studio UAP, monitora e mappa le iniziative romane: secondo gli organizzatori, in un solo anno, l’incremento degli orti urbani della capitale è pari al 50%. Sono dunque passate da 100 a 150 le esperienze di pratiche di agricoltura condivisa, che spesso si svolgono in aree abbandonate, contribuendo al recupero e alla riqualificazione di molte zone.
I giardini e gli orti, nascono così attorno ad un progetto creato dai cittadini sulla base delle esigenze del quartiere. E spesso, complice la carenza di strutture, diventa uno spunto per far altro: palestra popolare, spazio giochi per i bambini, attività di formazione intrattenimento, iniziative di autoconsumo.
Sul sito di Zappata Romana è possibile trovare tutto il necessario per avviare un orto urbano condiviso: dalla guida pratica al modulo per la procedura di adozione gratuita di terreni comunali a Roma. Consultando la mappa, inoltre, è possibile trovare l’iniziativa più vicina, per collaborare o confrontarsi in prima persona con la nascita di un orto.
Gli orti di Roma sono un complesso di esperienze diverse: alcune nascono da esperienze di volontariato sociale, altre da una volontà attiva di riappropriazione degli spazi. Uno di questi è, ad esempio, è Sar San, l’orto è dedicato ai bambini Rom, mentre Orto Capovolto e Coltivatorre coinvolgono i diversamente abili. Stesse radici per gli orti familiari Santa Caterina a San Giovanni, al giardino di via Castruccio Caro al Pigneto, o ai Giardini condivisi, esperienza storica di viadei Galli a San Lorenzo. Anche i lavoratori dell’ex Eutelia hanno un loro spazio all’Eutorto.
In altri casi gli orti e giardini condivisi sono l’occasione per sperimentare modelli ecologici alternativi come succede con Fermenti di Terra, sempre al Pigneto, all’Ortofficina su via Prenestina, agli Orti Urbani della Garbatella o a Centocelle con l’Orto Maestro. Diverse poi sono le azioni di Guerrillia Gardening che scuotono Roma dallo smog e dal grigiore, sulle orme dei recidivi Giardinieri Sovversivi Romani.
Ma il legame fra la Capitale e la pratica degli orti urbani non è recente: la mappa di Roma del 1789, ad opera del Nolli, riporta una serie di orti sia dentro che fuori le mura. Inoltre
Unico nel suo genere è l’Hortus Urbis, orto didattico a cura di Zappata Romana e del Parco dell’Appia Antica, presso l’ex Cartiera Latina, che contiene piante antico romane. Uno spazio abbandonato, lungo l’antico e sacro Almone, che è stato recuperato grazie al lavoro e alla volontà dei cittadini, che ospita corsi di formazione, attività didattiche e ludiche per bambini.
L’orto è composto da 16 aiuole quadrate per una superficie di circa 225 mq: oltre alle colture antico romane, i cittadini hanno realizzato l’impianto di irrigazione, la compostiera, il forno in terra cruda. Inoltre, un allevamento di lombrichi e un frutteto sono i prossimi progetti dell’Hortus Urbis.
In questo questo quadro di rinato attivismo ambientalista, il neo più grosso è rappresentato dall’immobilismo delle istituzioni della Capitale, da sempre indifferenti alle richieste dei cittadini, sia per quanto riguarda la riqualificazione del quartiere che per la realizzazione degli orti.
E’ emblematica, ad esempio, l’esperienza del giardino di via Morozzo della Rocca, nel quartiere Casal Bertone: l’iniziativa “Puliamo il Mondo”, nel 1994, ha dato l’avvio al recupero dell’area da parte degli abitanti del quartiere, al fine di “restituirla” ai bambini. Nel 1997 i proprietari privati fanno causa chiedendo i danni, presentando un progetto per l’edificazione. Dopo 7 anni il processo ha però dato ragione ai cittadini e l’area è stata espropriata.
Ad oggi, l’unico progetto “pubblico”, ovvero gestito dalle istituzioni romane, costato oltre 400.000 euro, funziona poco, mentre altri quattro sono in fase di gestazione ormai da anni, al costo di circa 70.000 euro l’uno.
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