Avete mai avuto un luogo del cuore? Un posto dove andare e sentirvi a casa? Dove lasciarsi alle spalle la quotidianità, fatta di fatiche e corse affannose? Sono sicura che molti di voi ce l’hanno! Per questo, ho deciso di parlarvi del mio: un luogo speciale, il primo ricordo dell’infanzia (ma anche l’ultimo), un luogo dove oggi mi ritrovo ancora e dove ho trovato il mio “angolo di paradiso”!
È proprio lì che, durante l’infanzia, festeggiavo i miei compleanni: in luoghi incantevoli, all’ombra di faggi e abeti maestosi e nel calore di una piccola baita, dove si preparava la polenta anche ad agosto e che ora non c’è più. Un posto magico, una perla preziosa nell’Appennino ligure, che ricorda le più alte montagne alpine: il Parco dell’Aveto.
Sono trascorsi molti anni tra l’ultimo compleanno festeggiato lassù e il successivo mio ritorno tra quelle montagne; ma quando (ormai ventenne) lo rividi, fu un colpo al cuore, un innamoramento che dura tuttora e che mi ha portato a conoscere il più bel tesoro di quelle valli. Volete sapere qual è? Seguitemi e lo scoprirete!
Siamo a pochi Km dalle affollate spiagge della Riviera del Tigullio, da Portofino e dalle Cinque Terre, in un territorio difficile, gelosamente nascosto dai suoi abitanti e da Madre Natura, e proprio per questo così prezioso. Anche se a breve distanza dal mare, la zona del Parco Naturale Regionale dell’Aveto mostra i tipici caratteri alpini. Ci troviamo lungo lo spartiacque Ligure-Tirrenico, che si estende tra i comuni di S. Stefano d’Aveto, Rezzoaglio, Borzonasca, Mezzanego e Ne.
La grande ricchezza e diversità degli aspetti naturalistici della zona è dovuta alla sua complessa storia geologica. Gli ambienti variano: dalle zone di crinale ai prati, dai pascoli alle immense faggete, dalle zone umide palustri, lacustri e riparie alle più peculiari emergenze geologiche.
La varietà di ambienti è da ricercare nella formazione di queste montagne: camminare lungo questi sentieri è come fare un viaggio a ritroso nel tempo e ripercorrere una storia lunga milioni di anni, che ha origine in un antico Oceano giurassico e (passando dall’orogenesi appenninica e dall’ultima glaciazione) arriva fino ai giorni nostri. Passeggiando su queste montagne non è facile credere che si stia camminando sul fondo di un antico oceano, ma è proprio così! Anche alcuni sentieri sono ciò che rimane di antiche colate laviche sottomarine!
Caratteristica di queste montagne è la presenza di rocce di età e formazione molto diversa, facenti parte di un antico fondale oceanico e incorporate all’interno della catena appenninica durante la sua formazione. Di alcune di queste rocce si hanno esempi unici come a Pratomollo (GE): la “Pietra Borghese” (o “Pria Burgheisa”, in dialetto locale), che i geologi chiamano “peridotite”, è una roccia molto ricca in ferro e per questo ha proprietà magnetiche molto evidenti; la bussola, infatti, impazzisce e attira i fulmini!
Proprio a causa di questi fenomeni, si sono raccontate numerose leggende sul suo conto: si pensava che al suo interno ardesse perenne il fuoco o che ci fosse la tana di un enorme serpente. In passato si pensava fosse un meteorite proveniente da chissà quale parte dell’universo! In realtà la sua origine è altrettanto lontana ma non va cercata tra le stelle, bensì in fondo al mare e ancora più giù!
Circa 130 milioni di anni fa, durante la formazione di un antico bacino oceanico (la Tetide), la crosta terrestre si è lacerata permettendo la risalita di queste rocce. Durante la risalita, hanno subito diverse trasformazioni, dando origine ad altre rocce che si possono trovare lungo i sentieri dell’Aveto, come gabbri e serpentiniti. Queste rocce contengono elementi come il magnesio, il ferro, il nichel, che sono “veleno” per molti vegetali. Questo però non deve trarvi in inganno: immaginate crinali spogli e prati sterili? Non è così!
È proprio in ambienti difficili come questo che si fanno strada le più coraggiose e pioniere tra le piante, adattandosi alla perfezione alle condizioni estreme, dove altre non riuscirebbero a sopravvivere: le serpentinofite, come la Dafne odorosa e l’Asplenio del serpentino, hanno approfittato della mancanza di concorrenza per “piantar radici”!
Non mancano certamente le specie rare o vistose, rigorosamente protette, che abbelliscono con la loro fioritura i prati e i pascoli di montagna: i gigli selvatici, le orchidee, il Botton d’oro, le aquilegie, le genziane, i tulipani di monte. Il parco vanta inoltre numerose emergenze carsiche, come grotte e doline in Val Graveglia, famosa tra i geologi tutto il mondo soprattutto per il suo interesse scientifico e importante sito minerario: è qui che troverete quella che è stata la più grande miniera di manganese di tutta l’Europa: la miniera di Gambatesa.
Nota per le forme di origine glaciale è invece la Val d’Aveto. All’interno della foresta demaniale delle Lame, si trovano infatti una serie di piccoli laghetti di origine glaciale, protetti e inseriti all’interno della Riserva Orientata delle Agoraie di sopra e Moggetto. Si tratta di veri e propri microhabitat, che custodiscono diverse e importanti specie animali e vegetali relitte dell’ultima glaciazione: la farfalla apollo (Parnassius apollo), il licopodio inondato (Lycopodiella inundata), la rosolida (Drosera rotundifolia), piantina carnivora che compensa la scarsità di azoto del terreno con una dieta insettivora!
Grazie alle peculiari condizioni climatiche, oggi possiamo osservare questi veri e propri tesori di biodiversità proprio qui, a due passi dal Mar Ligure, unica stazione appenninica dopo le stazioni del nord Europa e delle Alpi.È tra queste montagne, sopra queste valli, che potreste veder volare una rara coppia di aquile reali o scorgere le tracce del lupo, importante anello degli equilibri degli ecosistemi, tornato ad abitare in questi luoghi.
E allora vi invito in questi luoghi magici, dove il tempo sembra essersi fermato, dove la gente è ruvida ma schietta e vera quanto le loro montagne, dov’è difficile non riempirsi gli occhi di meraviglia e sorpresa ad ogni passo. Vi invito dove il tesoro più inaspettato non l’avete ancora trovato tra queste righe, perché vorrei lo trovaste voi… magari annusando l’aria, scrutando sulle rive del lago in cerca dei segni di questa presenza magica, facendovi guidare dall’istinto: all’ombra dei faggi d’estate o tra la neve in inverno, potreste scorgere le loro sagome, i loro manti lucidi e le folte criniere: sono i“Cavalli Selvaggi dell’Aveto”, l’ultimo branco di cavalli selvaggi d’Italia!
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