Per arrivare in certi luoghi ci si deve perdere. Non filosoficamente parlando.
Le indicazioni, qualora presenti, dovrebbero essere ignorate per imboccare strade sterrate, nella speranza di non finire in un vicolo cieco. Si dovrebbe anche adattare l’andatura del percorso a ciò che circonda i sensi. In questo modo ci si può avvicinare all’annullamento dell’aspettativa terrena di stupirsi solo di fronte alla magnificenza dell’ovvio. Là dove per “ovvio” non s’intende banalità o aridità di sostanza, piuttosto grandezza della forma, perfezione, opere d’indiscutibile intelletto artistico o panoramiche incantate.
Ricordo, un po’ di tempo fa, alcune persone in una prestigiosa spa qui in Umbria, tutte intente e concentrate ad osservare il silenzio di un tramonto rosso e arancio tra gli Appennini. Sdraiati, comodi, sulle lettighe affacciate sul panorama e su nient’altro. Un luogo pensato artificialmente per godere quel momento, per ricercare e catturare il silenzio prima di tornare alle abitudini frenetiche del millennio. Prima non mi ero mai resa conto di quanto l’uomo andasse alla ricerca, spesso molto costosa, di qualcosa che si può trovare ad ogni angolo, purché si sappia osservare, valorizzare ed apprezzare quanto offerto. E l’Umbria è generosa di luoghi naturalmente predisposti a un tempo indefinibile e personale di solitudine e silenzio.
È questo il caso di Ceralto e Saragano, due piccole fortificazioni nel comune di Gualdo Cattaneo. A meno che non si conoscano o non si abbia in programma di andare per qualsivoglia ragione, difficilmente capiterà di visitarli. La strada, fra curve, salite e discese, se non è coperta di querce, cerri e macchia mediterranea, è vigna o uliveto o campagna destinata al raccolto, ogni tanto interrotta da residenze estive o graziosi agriturismi.
Oltre le interpretazioni, è verosimile associare il nome Ceralto a quello di Cerere, divinità pagana legata alla terra, alla natura, alla vita, alla fertilità, al raccolto. Ancora più forte è il nesso se si considera che Cerere, in lingua osco-umbra (Kerri o Kerris o Kerria) è letteralmente “colei che ha in sé il principio della crescita”, già presente nel pantheon delle divinità italiche prima ancora dell’avvento della cultura romana. Entrambi questi borghi, oggi semisconosciuti ai più, un tempo erano strategiche e ambite roccaforti, teatri di battaglie medievali in cui l’alternarsi del dominio di Perugia o Todi ha portato anche alla distruzione di Ceralto.
Forse il silenzio che si ritrova oggi è il riscatto per quelle aspre contese; forse la solitudine, che cantata da Gaber non è follia ma ciò che serve per stare in compagnia, è anche abbandonarsi qualche istante a luoghi come questi o semplicemente condividerli, raccontarli, per rendere meno remoto un passato che ha la stessa dignità di quello altisonante scritto fra le pagine dei libri di scuola. Soprattutto se offre scorci e dettagli che fanno bene all’anima.
* Dove dormire in Umbria? Slow Tourism vi suggerisce:
– L’agriturismo Casale Ulivi (Todi, PG)
– La casa vacanze Villa Nuba (Perugia)
– Il Bed & Breakfast La Tana del Riccio (Spoleto, PG)
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