Blackout al Casale.
Tutto buio.
Mi girai nel letto pensando di aver dormito solo qualche ora.
Guardai la sveglia: le 9.30 del mattino.
Scesi in cucina ancora in pigiama, aprii la porta, un vento gelido mi svegliò vivacemente.
Corsi verso il focolare: camino acceso, l’acqua in cucina borbottava sulla stufa, già azionata dal fuochista di casa.
“Che tepore” pensai.
Una tazza di buon latte caldo, un muffin cioccolatoso conservato dalla mamma per il mio rientro e Lillo, che con il suo sorriso sdentato era venuto a darmi il buongiorno.
Una mattinata normale..
“Anna manca la luce! Hai visto quanta neve?! La desideravi tanto per il tuo compleanno ed è arrivata in anticipo!”
Ogni anno Gennaio mi ha da sempre regalato una coperta di neve, più o meno abbondante, non era una novità.
Ma nel pensare questo Leopoldo iniziò a starnazzare a più non posso, così come la moglie Gertrude e le sue amiche. Implacabili dovemmo andare a vedere cosa stesse succedendo.
Beh,con sorpresa vedemmo il trasloco dalle loro casette a quella di Simba.
Ma come era possibile?! Anche il cane sembrava guardarle con aria sorpresa.
La notte passata Gennaio aveva proprio esagerato. La coperta di neve era diventato un piumone pesante.
Le papere riuscivano addirittura a camminare all’altezza del recinto.
Nel vedere questa scena così buffa che rasentava l’assurdo iniziai a ridere, ma qualcuno subito fece sentire la sua presenza.
Mi prese per i piedi e mi scosse forte, così forte che mi sentii sballottolare.
Lì capii.
Era tornato lo zio Terry.
“Tutti fuori, il terremoto!”
Il boato.
Tutto inziò a tremare.
Tremavano le porte, tremavano le finestre, tremavano i tavoli con le sedie, tremavo io e la mano di mia madre, tremava la voce di mio padre.
“Dove andiamo?”
Muro di neve.
“Di qua!” eccone un altro.
In gabbia. Animali bracconati.
Silenzio.
La neve.
Era rimasta solo la neve.
La neve che ha quel magico dono di zittire il mondo.
Lo fa in quel modo così delicato che il terremoto sembrava esser stato un incubo e basta. Immaginato.
Solo nella propria testa.
“Scavo una via di fuga”disse mio padre “rimanete sotto al portico”riferendosi a me e a mia madre.
La sua voce si trasformò in un rantolo.
Non era di una persona.
Tutto tremò.
Di nuovo.
Esattamente come prima.
Ci aggrappammo al palo del portico.
Una valanga di neve cadde dal tetto.
Il muro divenne una cinta.
Questo successe per ben quattro volte.
Per quattro volte capimmo di essere impotenti. Per quattro volte aspettammo la nostra sorte. Per quattro volte il tremore della terra era fuso al tremore delle nostre membra.
Silenzio.
La neve.
Anna Marino