Le temperature invernali possono far desistere dall’uscire, magari fra le lievi sferzate del vento innevato, a passeggio fra salici e cipressi. Con un po’ di buona volontà e un pizzico di temerarietà, le Fonti del Clitunno, in questo periodo dell’anno, possono offrire un fuoco di mistica gratificazione.
Quest’angolo d’Umbria offre al passante un momento di contatto con se stesso e con la natura, annullando le dimensioni, tanto che se si restasse anche un giorno intero, la percezione sarebbe comunque l’attimo. Si badi: non è selvaggia la natura delle Fonti del Clitunno, bensì un cantuccio dell’Eden piegato alle attente cure dell’uomo.

Fonti del Clitunno
Intorno alla seconda metà dell’800, Paolo Campello della Spina, spoletino di nobile nascita, iniziò col divellere la terra lambita dalle acque sorgive del Clitunno, per tratteggiare le rive di quelle polle d’acqua arrivate a oggi con le attuali forme. Fra le morbide convessità di questo perfetto sistema linfatico, le radici di salici piangenti e pioppi di varie specie si ornano di tappeti muschiati, che si aprono fra gli isolotti collegati da passerelle e ponticelli. L’acqua che nutre questi laghetti sgorga da piccole fenditure rocciose, regalando all’udito l’unico lieve suono compatibile con questo luogo nato per il silenzio e la contemplazione.
Certo, parte della magia invernale, con la bella stagione e le frotte di turisti che passano ore ridenti e spensierate, si trasforma, lasciando spazio alla leggerezza di pensiero. In ogni caso, quale che sia il momento della visita, l’attesa di veder spuntare fauni e ninfe non conosce stagioni.
Il fiume che nasce da queste fonti porta il nome di un dio locale, venerato anche dai Romani, che proprio nelle sue acque bramavano gloria e verdetti messianici. Virgilio si rivolge direttamente a lui nelle Georgiche:
“Hinc albi, Ctumne, greges et maxima taurus victima, saepe tuo perfusi flumine sacro Romanos ad templa deum duxere triumphos”
(“Da qui, o Clitumno, le bianche greggi ed il toro, olocausto massimo, ripetutamente immersi nella tua consacrante acqua, avviarono ai templi degli dei i trionfi romani”)
E allo stesso dio si riferisce Byron, echeggiando in versi un monito:
Pass not unbiest the Cenius of the place!
If through the air a Zephyr more serene
Win to the brow, ‘tis his; and if ye trace
Along his margin a more eioquent green,
If on the heart the freshness of the scene
Sprinkie its coolness, and from the dry dust
Of weary Iife a mornent lave it clean
With Nature’s baptism, – ‘tis him ye must
Pay orisons for this suspension of disgust
(“Non oltrepassare, senza benedirlo, il Genio del luogo! Se uno zeffiro più sereno giunge attraverso l’aria fino alla tua fronte, è suo; e se lungo il margine tu t’imbatti in un verde più attraente, e la freschezza della scena riversa il suo refrigerio nel tuo cuore, e per un istante lo purifica dalla polvere riarsa della stanca vita, col battesimo della Natura, – a Lui tu devi volgere le tue orazioni per questa pausa nel tuo disgusto”)

Tempietto del Clitunno, recuperato in epoca Longobarda
Ora patrimonio dell’umanità UNESCO, il Tempietto del Clitunno era proprio il santuario del genius loci, coronamento della visita alle Fonti del Clitunno ed esempio moderno di sostenibilità antica: i Longobardi stanziati in Umbria recuperarono la cripta della costruzione pagana intitolata a Clitumno e tutti i materiali di origine romana, altrimenti asserviti all’archeologia a testimonianza di un passaggio incosciente.

Fonti del Clitunno, prospettive del tempo
Le sedute distribuite di fronte o di spalle ai rigagnoli d’acqua delle Fonti sono i moderni sacelli di riflessione su quanto si possa imparare da chi ci ha preceduto, accettando l’invito di Byron e, perché no, concedendosi l’unico vero lusso ancora alla portata di tutti: perdere o prendere tempo.
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