Oltre dieci milioni di abitanti bloccati in casa, una visibilità ridotta a meno di 50 metri: non è una calamità naturale ad aver creato il caos ad Harbin, nel nord est della Cina, ma lo smog. Da quattro giorni una densa coltre di nebbia nera copre la città capoluogo della provincia dello Heilongjiang, Manciuria, a causa dell’accensione dei riscaldamenti domestici avvenuta la settimana scorsa. Da domenica lo smog ha raggiunto livelli tali da indurre le autorità a chiudere scuole, strade, uffici pubblici e perfino l’aeroporto internazionale di Taiping, che ha dovuto cancellare oltre 250 voli.
La nebbia tossica che avvolge Harbin è fitta e spessa: lo smog supera di 40 volte i limiti considerati sicuri per la salute dei cittadini. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute, infatti, il limite per le micro-particelle PM2,5 , è fissato alla quota massima di 25 microgrammi per metro cubo: a quota 100 microgrammi l’aria viene considerata insana, alla soglia dei 300 diventa tossica. Ad Harbin, domenica sera, se ne registravano in media 500, con picchi di 1000 in alcune zone della città.
Paradossalmente, l’emergenza non riguarda più solo lo smog, ma la sicurezza in senso letterale: in alcuni punti della città non si vede oltre i 10 metri, gli automobilisti rischiano di provocare incidenti, le merci non possono circolare sui grandi mezzi, tutti i collegamenti fisici risultano interrotti.
“Non riuscivo a vedere nulla al di fuori della finestra del mio appartamento, e ho pensato che stesse nevicando- ha detto Wu Kai, giovane cittadina di Harbin, in un’intervista telefonica riportata dalla Reuters- Poi mi sono resa conto che non era neve”.
Evidenti segnali di pericolo erano stati già notati nelle settimane scorse, ma è da quando si sono resi necessari i riscaldamenti, per un brusco abbassamento delle temperature, che la situazione è precipitata. Naturalmente, il riscaldamento da solo non è l’unico imputato: lo sono in primis le centrali a carbone, che producono il 68% dell’energia necessaria al gigante asiatico.
Sebbene il governo cinese si sia impegnato a ridurre la quota al 65%, grazie soprattutto ai nuovi progetti su rinnovabili e nucleare -28 nuove centrali sono previste nei prossimi anni- la Cina sembra non avere più tempo: misure emergenziali a parte, le istituzioni nazionali e locali non hanno messo in pratica granché, sul breve periodo, per ovviare al grave pericolo al quale sono esposti i cittadini delle città cinesi. E questo tralasciando gli effetti “indiretti”: inquinamento di terreni e falde acquifere, che causano conseguenze su tutta la produzione alimentare, compresa quella proveniente dagli allevamenti.
E sui dati le autorità nicchiano: le statistiche ufficiali vengono pubblicate a metà, senza rilevare gli effettivi costi umani, economici e sociali causati dal peggiorare delle condizioni ambientali. Secondo i dati pubblicati dall’Health Effects Institute, nel solo 2010 i decessi legati allo smog sono stati oltre 1,2 milioni.
Ma il governo non ha potuto fare nulla per evitare che si diffondesse la notizia di zone con altissime probabilità di contrarre malattie, dovute alle malsane condizioni dell’aria e dell’acqua: è da poco che le autorità cinesi hanno riconosciuto la presenza di almeno 400 villaggi del cancro.
Effetti sociali, già: in Cina chi è ricco si difende meglio dallo smog. Potrebbe sembrare una contraddizione, lo smog è qualcosa che non si può evitare. Ma le scuole frequentate dalle élite cinesi sono in grado di rimediare da sole, almeno in piccola parte, alla situazione: protette da bolle, in cui l’aria viene filtrata e purificata. Stessa cosa per gli uffici pubblici: succede quindi anche a Zhongnanhai, città sede del governo nazionale, che ha sistemi di trattamento dell’ossigeno simili.
Recentemente da Pechino sono arrivati annunci per avviare un piano da 30 miliardi di euro, con l’obiettivo di ridurre lo smog del 25%: interventi che sembrano una goccia in un mare di tossicità, come targhe alterne, domeniche ecologiche e chiusura di alcune vie di collegamento particolarmente frequentate dai mezzi più inquinanti.
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