La vera scoperta di una città tanto turistica come Roma si può fare uscendo dal centro e prendendo un autobus per raggiungere le zone più periferiche. Con la linea 671, ad esempio, si può arrivare fino alla Laurentina, periferia sud-ovest, dove si trova il complesso monastico delle Tre Fontane. È uno di quei luoghi che si scoprono girando l’angolo dalla trafficata strada principale, facendo attenzione a beccare quella precisa stradina non troppo bene segnalata. Ed è proprio lì, in via delle Acque Salvie, dove ci accoglie l’austero San Benedetto che con un gesto della mano ci invita a mantenere il silenzio: questo è un luogo di raccoglimento e preghiera.
Il complesso monastico nasce dove, secondo la tradizione, avvenne il martirio dell’apostolo Paolo e nei tre punti in cui la testa decapitata dell’apostolo, rimbalzando, toccò il terreno, sgorgarono tre fonti di acqua salvifica.
I primi documenti che attestano la presenza della comunità monastica risalgono al VI secolo, quando i monaci provenienti dalla Grecia trasportarono qui le reliquie di Sant’Anastasio. Nel IX secolo Carlo Magno donò al monastero i territori della Maremma sottratti ai Longobardi, in seguito al sogno premonitore che lo vedeva vittorioso ad Ansedonia grazie alle reliquie di Sant’Anastasio fin lì trasportate e che provocarono un terremoto che distrusse la fortezza nemica.
Nei secoli successivi il complesso passò all’ordine benedettino e, intorno al 1140, all’ordine cistercense. Dalla metà dell’Ottocento furono i monaci Cistercensi Trappisti che bonificarono l’area e la purificarono dalla malaria, coltivando piante di eucalipto, tuttora tipiche in questa zona della città.
L’ingresso vero e proprio al complesso monastico è la Torretta di Carlo Magno, i cui affreschi interni, seppur molto lacunosi, raccontano la storia del sogno del re dei Franchi e della donazione dei terreni al monastero. Subito dopo si apre il giardino immerso nel silenzio, dove si affacciano i vari edifici, fino alla chiesa che sorge nel punto esatto dove avvenne il miracolo delle tre fontane.
Il percorso prosegue prima nella Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio, dall’aspetto (sia all’esterno che all’interno) molto spoglio, come vogliono i dettami dell’ordine cistercense. Accanto, la piccola Chiesa di Santa Maria Scala Coeli sorge dove esisteva il tempio pagano dedicato al martirio di San Zenone e dei diecimila soldati qui uccisi sotto le persecuzioni di Diocleziano. Il nome della chiesetta risale al XII secolo, quando qui San Bernardo ebbe la visione della scala lungo la quale gli angeli trasportavano in cielo le anime del Purgatorio. Nella cripta della chiesetta è possibile vedere la cella dove sarebbe stato imprigionato San Paolo in attesa del martirio.
Cuore dell’intero complesso è la Chiesa del Martirio del Santo, in fondo al vialetto a lui dedicato. Non sono consentite foto all’interno e il massimo silenzio è d’obbligo. La prima cosa che si percepisce entrando sono le voci delle persone in preghiera, assolte in penombra in un’atmosfera sospesa e quasi irreale. Se non si è interessati alla preghiera, si può restare all’ingresso giusto qualche minuto, osservare le tre nicchie corrispondenti alle tre fontane del martirio e la colonna sul fondo, dove si sarebbe poggiata la testa del Santo per la decapitazione.
La situazione avvolge anche il visitatore più scettico ma presto bisogna andar via e per uscire con dignità da questa esperienza mistica non si può non fare l’ultima tappa al negozio monastico. Qui si possono trovare i prodotti dei monaci trappisti, dalla birra alla cioccolata, fino alle conserve e ai prodotti per la cura della pelle. Testati, approvati e fortemente consigliati la birra e la cioccolata con le nocciole!
*Dove dormire? Slow Tourism vi suggerisce tre sue strutture nel Lazio:
– Agriturismo La Campagnola, Castelnuovo di Farfa (RI)
– B&B La Peonia, Vitorchiano (VT)
– B&B Giulia Be, Cisterna di Latina (LT)
di Claudia Pettinari
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