Il sogno, tradizionalmente, è il lasciapassare che consente all’uomo di essere cittadino di due mondi contigui e differenti. Tuttavia capita di essere sorpresi dal sogno proprio mentre si abita il mondo della veglia. In alcune circostanze, più uniche che rare per la verità, il cosiddetto “sogno ad occhi aperti” prende corpo, passando prima per gli anelli planetari del desiderio condiviso, che orbitano attorno a entrambi quei mondi, pur seguendo un’autonoma curva gravitazionale. Diversa da qualunque altra. E chiunque vi si trovi in qualche modo coinvolto, non può che lasciarsi trasportare dalla sua forza.
L’ardore di questa energia sale fino in cima alla torre del castello di Pissignano, attraversando il piccolo Borgo San Benedetto, suo nucleo collinare che osserva dall’alto le fonti del Clitunno, tornato in vita col nome di Lizori grazie alla volontà, al desiderio e alla fede di un gruppo di straordinarie e lungimiranti persone che intorno agli anni ’70 si sono innamorate delle rovine di questo luogo. Partendo da un’idea, privati cittadini si sono rimboccati le maniche investendo il loro tempo, i loro sacrifici ed il loro denaro, con l’obiettivo di preservare quella preziosa eredità giunta dal passato.
Se Pissignano contiene in sé tutta l’antica devozione a Giano Bifronte, padre degli dei, Lizori ne celebra il ruolo di propiziatore degli inizi, custode del tempo, generatore di vita. E quasi a continuare questi principi, Lizori vive della fiamma che costantemente arde in chi di sogno vive e quindi si prodiga nella più nobile elevazione del sogno stesso: la sua realizzazione.
Tipica è la conformazione strutturale di questo borgo che affonda le sue radici nel Medioevo, straordinario il suo presente. Le curve e gli spigoli, gli archi e le torri, ogni forma complementare si amalgama in una perfetta armonia di convessità e spazi aperti.
Fra queste perfette simmetrie è concesso rivendicare l’attuale presente inserendo eleganti installazioni d’arte contemporanea che ben esprimono “l’uomo perenne attraverso il cammino del suo tempo” (Prof. A.Meneghetti) in un perfetto scambio dialettico fra passato e presente in un’ottica di prosecuzione.
Solo in questo modo l’uomo può essere al contempo fulcro e satellite, ottenendo così il diritto di apporre il proprio nome a quei piccoli universi dietro gli usci mogano. Piccoli universi in cui è facile immergersi senza cedere alla tentazione di bussare, nel tentativo di accostarsi alla comprensione delle ragioni profonde che hanno spinto questi sognatori a recuperare ciò che stupidamente oggi lasceremmo al suo ineluttabile destino.
Questa tentazione viene ricacciata ad ogni passo silenzioso e scivola sulla lastra di ciottoli tipicamente locale che si (e ci) proietta verso la manifestazione di un amore corrisposto fra Lizori ed i suoi abitanti, verso la comprensione di come il transitorio sia il collante dell’eterno.
Lizori è il risultato della fusione di tre parole greche che spiegano in modo preciso l’essenza e l’anima del luogo e dei suoi abitanti: là, dove la vita si contempla. Forse il concetto di sostenibilità, non quello abusato dalle campagne di marketing, ma quello autentico che anima luoghi come Lizori, affonda le sue radici proprio nella contemplazione di quanto al tempo si debba lasciare solo l’incedere di esso e non la caducità accessoria di chi ne percorre un tratto infinitesimale.
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