Lungo il fiume Po di Volano, un percorso in barca per scoprire un itinerario che ha il suo punto di arrivo nella magnifica abbazia di Pomposa.
Eccoci a Codigoro: ammiriamo il palazzo del Vescovo. Costruito per volere dei Benedettini, l’edificio rappresentava la sede amministrativa di Codigoro e Pomposa. Fu oggetto di restauro in stile veneziano nel 1732 e ceduto al vescovo di Comacchio da cui oggi ne deriva il nome. Attualmente ospita la biblioteca comunale ed è sede di manifestazioni culturali.
Assolutamente da visitare l’acquedotto: nel 1873 venne eretto uno stabilimento gigantesco per l’epoca, attrezzato con macchine a pompa centrifuga azionate a vapore. Nel 1905 si decise di affiancare al complesso un nuovo impianto dividendo, così, il comprensorio in due distinti bacini (terre alte e terre basse). La caratterizzazione architettonica del complesso è affidata alle due ciminiere di 50 metri (vedi “le Muse inquietanti” di De Chirico). Prossimo allo stabilimento uno splendido esempio di architettura industriale: lo Zuccherificio.
Partiamo in barca per addentrarci verso l’oasi di Canneviè: una piccola valle salmastra di 64 ettari ed importante relitto vallivo di un più vasto complesso di lagune costiere, che circondava l’abbazia di Pomposa, delimitata alle estremità da due antichi casoni di valle, adibiti un tempo a deposito di strumenti per la pesca. Porticino risale al XVI secolo, come attesta l’inventario dei beni di Alfonso II d’Este. Dal punto di vista naturalistico l’oasi rappresenta un biotopo davvero unico: data la scarsa profondità della valle, la flora è formata prevalentemente da limonium, scirpeti, giuncheti e canneti. Nelle poche zone non allagate, la vegetazione è costituita da lecci, filliree e tamerici. La fauna è quella tipica delle zone umide.
Possiamo proseguire la navigazione fino alla foce del fiume di Volano attraverso il canneto e la Sacca di Goro. Il caratteristico porto di Goro si affaccia su quest’ampia insenatura a forma di mezzaluna, con una superficie di 2.000 ettari che fa parte del territorio del parco del Delta del Po. E’ molto adatta per la mitilicoltura essendo profonda in media 60-70 centimetri con un massimo di 2 metri nei punti più profondi. La sua formazione è in continua mutazione, poiché legata alle vicende idrauliche delle bocche del fiume di Goro e della Gnocca, alle correnti marine, alle formazioni di canneti e alle sistemazioni artificiali per la navigabilità tra le bocche e le sacche costiere. La fauna comprende numerose specie di avifauna acquatica, sia nidificanti che di passo; la fauna ittica, oltre ai mitili da allevamento, è costituita da ostriche, cefali, anguille, orate e branzini. Nella sacca, a circa mezzo miglio dal porto di Goro, si erge un’edicola votiva dedicata a Sant’Antonio, protettore dei naviganti e dei pescatori.
Nelle vicinanze, da visitare l’abbazia di Pomposa: nel medioevo grande e potente punto di riferimento di storia e cultura e centro di spiritualità tra i più importanti. Gli storici fanno risalire l’origine dell’insediamento dei monaci a Pomposa al VI – VII secolo, quando il luogo salubre e boscoso, racchiuso tra il mare, era un’isola che favoriva meditazione e lavoro: le regole principali dell’ordine Benedettino. L’abbazia ebbe grande importanza per la conservazione e diffusione della cultura durante il Medioevo grazie ai monaci amanuensi che vi risiedevano. Qui il monaco Guido d’Arezzo inventò le note musicali moderne. Alla floridezza del convento corrispose anche un forte sviluppo costruttivo ed artistico: chiesa, refettorio e capitolo furono riccamente decorati.
A Ficarolo (1152) il territorio dell’isola di Pomposa divenne, però, paludoso e il clima si fece sempre più malarico ed insalubre tanto che il convento fu abbandonato nel 1553 dai monaci che vennero trasferiti nel nuovo convento di San Benedetto di Ferrara. Il recupero dell’abbazia fu attuato dallo stato italiano a partire dalla fine dell’ ‘800, quando tutti i fabbricati vennero acquistati dal demanio e restaurati. Al 1976 risale l’istituzione del museo Pomposiano che raccoglie, nel grande vano dell’ex dormitorio dei frati, resti scultorei ed opere d’arte della storia dell’abbazia.
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