Oltre 871 aree protette che, quest’anno hanno prodotto quasi 11 miliardi di euro: è il bilancio del turismo nei parchi italiani, settore che non conosce crisi. Il turismo ambientale sta dimostrando di essere un comparto solido, al contrario di altri tipi di turismo più convenzionale: un patrimonio da difendere e valorizzare, soprattutto in un Paese che vanta ricchezze inestimabili, in termini di biodiversità.
Per la precisione, a visitare i nostri parchi e le nostre aree protette, nel solo 2013 sono state 101 milioni di persone: con un ritmo di crescita del 2%, i viaggi verdi riescono a doppiare tutte le altre mete. Un primato che significa anche aumento dei posti di lavoro: nel sistema delle aree protette nazionali, oltre il 50% dei lavoratori si occupa di turismo.
Ed è stato l’Orto Botanico di Palermo, una delle strutture d’eccellenza nel nostro Paese, a ospitare il convegno “Parchi come luogo di incontro tra green economy e green society”, dove sono stati illustrati i dati del report di Aaster: uno degli appuntamenti propedeutici alla conferenza nazionale che si terrà nella Capitale l’11 e il 12 dicembre, La Natura dell’Italia. Biodiversità e aree protette: la green economy per il rilancio del Paese.
Ma quali sono i parchi più richiesti dai turisti? Secondo i dati di Aaster, il Parco Nazionale d’Abruzzo ha il primato assoluto: seguono il Gran Paradiso, lo Stelvio, le Cinque Terre, le Dolomiti Bellunesi, il Pollino, le Foreste Casentinesi, la Majella e la Sila.
La classifica economica per regioni premia invece la Sicilia: qui il turismo e le attività ricreative sono l’89% dell’offerta complessiva dei parchi. A seguire troviamo la Puglia con il 78,1% e la Calabria con il 77,9%. Oltre al turismo, fra le altre attività svolte nei parchi che riescono a incidere sul bilancio complessivo del settore, troviamo le produzioni tipiche nel Lazio (6,55% delle attività economiche dei parchi) e l’offerta formativa del Molise, che vanta il 19% dell’offerta totale delle aree protette. Inoltre, il Molise si distingue anche la produzione dei gadget a tema, che rappresentano il 66% dell’offerta nei parchi regionali.
Giampiero Sammuri, presidente di Federparchi, ha commentato così i dati incoraggianti:
“Se lo spread di un Paese si misurasse in biodiversità, l’Italia sarebbe la Germania d’Europa. Può sembrare un paradosso ma non è così, perché le 57mila specie animali e le 5.600 specie vegetali, 600 delle quali endemiche del nostro Paese, rappresentano un’enorme ricchezza dell’Italia non solo in termini di patrimonio ambientale”
Ma non è tutto oro quel che luccica: se i parchi rendono bene in termini economici, affiancare allo sviluppo del turismo la tutela della loro ricchezza è indispensabile. I parchi sono la nostra riserva strategica di aria, acqua e biodiversità: ma possono diventare anche dei luoghi in cui si sviluppano modalità alternative di gestione delle risorse e stili di vita sostenibili.
La legge che si occupa di tutelare i parchi è legge quadro 394/1991 sulle aree protette: da molto tempo si discute di una sua riforma, ma il dibattito è acceso e conflittuale. Sulla gestione di un patrimonio di tale ricchezza, infatti, i pareri sono molti e ben diversificati.
L’iter del disegno di legge D’Alì, infatti, è diventato l’oggetto su cui diversi interessi e aspettative si innestano, spingendo le maggiori associazioni ambientaliste anche al conflitto interno. Il motivo, secondo le associazioni, sarebbe la volontà di approvare una legge che “allontana i parchi italiani dalla conservazione della natura. La somma d’interessi particolari non corrisponde mai all’interesse pubblico generale”
In particolare, il tema più conflittuale sarebbe quello delle royalties, cioè la possibilità di costruire nei parchi, con il meccanismo della compensazione economica:
“Inserendo un meccanismo di compensazioni monetarie in cambio di costruzioni con impatto ambientale- ha spiegato Elio Tompetrini, presidente dell’Associazione Nazionale Personale Aree Protette 394- si dà il via alla costruzione nei parchi. Una cosa inaccettabile”
Ma non è solo questo a preoccupare le associazioni: tanti sono i temi scottanti di questo disegno di legge, come l’eventuale fine della distinzione tra attività di caccia e controllo della fauna selvatica, o il metodo di designazione dei vertici e le funzioni degli enti di gestione o, ancora, il ruolo di Federparchi.
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