C’è un posto in Piemonte, a poca distanza da Biella, in cui perdersi nel tempo. È il ricetto di Candelo, una cittadella fortificata costruita tra il 1200 e il 1300, che aveva sia la funzione di magazzino – in cui tenere a riparo beni di prima necessità – che quella di rifugio durante eventuali attacchi alla città di Candelo.
Il nome “ricetto” deriva proprio dal latino receptum, che significa riparo, rifugio. Gli edifici all’interno della cinta muraria sono chiamati “cellule” ed è lì che erano raccolti e conservati i prodotti agricoli delle campagne circostanti; in particolare il vino, prodotto proprio nel ricetto, pigiando l’uva con due grandi torchi di legno di quercia.
L’importanza del vino era notevole, così come quella del latte; l’acqua, invece, era usata esclusivamente per la preparazione di alcune pietanze, perché considerata dannosa sia da bere sia per lavarsi. Per questo motivo bibite e bevande erano tutte a base di vino o latte. Per conservare intatta l’atmosfera medievale che si respira nel ricetto, nessuna delle cellule è stata mai usata come abitazione (fatta eccezione, ovviamente, per i momenti in cui vi si rifugiava la popolazione sotto assedio): un simile utilizzo ne avrebbe snaturato la funzione e avrebbe rischiato di rovinare per sempre le particolarità del luogo.
Ogni costruzione aveva due piani non comunicanti; al pianterreno, fresco e umido, c’era la cantina, mentre il primo piano – cui si accedeva direttamente dalla via – era più caldo e secco, ideale per conservare granaglie. Oggi, negli edifici del borghetto, troviamo cantine, ristoranti, negozi di artigianato locale e prodotti tipici. Fino a pochi anni fa, alcune cellule servivano ancora per la vinificazione e la conservazione di prodotti agricoli. Per il suo eccellente stato di conservazione, il migliore in tutto il Piemonte e tra quelli meglio conservati in Europa, questo receptum è bandiera arancione del Touring Club e tra i Borghi più belli d’Italia.
Le stradine, chiamate con un francesismo rue, sono ancora lastricate con grandi ciottoli di fiume, facendo sentire sotto i piedi come doveva essere camminare per le vie quasi mille anni fa, sebbene all’epoca le calzature fossero prerogativa dei signori e il popolo camminasse scalzo anche in inverno. Una buona guida spiegherà certamente le particolarità dell’abbigliamento medievale a Candelo. Ad esempio, il popolino vestiva abiti di tela marrone abbastanza grezza, a cui si potevano scucire e cambiare le maniche quando fossero ormai logore. Da qui l’espressione “è un altro paio di maniche”, per indicare una situazione diversa da una precedente.
La suggestione nell’attraversare la grande torre-porta, un tempo dotata di ponte levatoio, riporta al passato in cui carri carichi dei frutti della terra entravano, rigorosamente annotati e controllati, consentendo al signore del posto di conoscere il quantitativo e la varietà di prodotti di cui lui e la sua gente disponevano, oltre che di incassare la decima. La torre-porta dell’ingresso non era l’unico punto di osservazione e difesa del borgo.
Lungo i 470 metri di mura merlate, che anche oggi fanno sentire il visitatore protetto, quasi abbracciato, ci sono altre quattro torri. Passando accanto ai sassi tondeggianti, sovrapposti a spina di pesce, che fortificano questo luogo, si può immaginare il giro di ronda delle sentinelle e osservare le Alpi in lontananza e – più vicina – la Baraggia, chiamata anche “savana biellese” per la particolare vegetazione che può ricordare gli ampi spazi africani.
Una passeggiata tra le atmosfere antiche e i profumi delle rue del ricetto di Candelo è senza dubbio un modo per viaggiare nel tempo, scoprendo un passato lontano che è parte delle radici del del Paese in cui viviamo.
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