L’artista, erede dei pittori della Classicità, si svela al panorama contemporaneo.
Quando la poesia “entra” nella sostanza fluida dei colori terrosi sino all’anima d’argilla
si fa portavoce di un tempo eterno,
allora lo spirito non tenderà a invadere e spodestare l’anima,
ma nascerà un dialogo fecondo, una vera e propria “fecondatio animae”!
Vi è mai successo di entrare in una officina ceramografica del V sec. a.C.? O di ripercorrere le principali vicende della cultura artistica isolana, dalla seconda metà dell’VIII secolo ai primi decenni del VI secolo a.C.?
Non prendendo troppo sul serio i quesiti posti né approfittando di un “ritorno al passato”, in Sicilia questo è possibile! È possibile conoscere il più arcaico dei linguaggi, padre dello storytelling; nella dimensione narrante contemporanea riemerge ancora quella arcaica: eterna. Esiste un modo immortale per parlare con le immagini, con i segni: raccontare con la vasistica, proprio come – dal proto geometrico in poi – hanno fatto i nostri avi.
Sicuramente, quando si parla di ceramografia e pittura classica, il primo e più diretto riferimento va all’esperienza archeologica che, negli anni, in Sicilia è stata fatta, e a quel nutrito gruppo di inestimabili testimonianze che si raccolgono nei Musei e nelle Gallerie, quali “cattedrali” dove contemplare l’Eredità dei Padri. Bisogna però ricordare che questo fenomeno, questa eredità o questa attitudine, è presente nell’isola “a vari livelli” e si sta affermando con una certa fortuna in “chiave contemporanea”. Rosario Muni, per esempio, da anni produce una pittura e una ceramografia memorante, dove tutti gli elementi classici sono presenti a tal punto da attestarlo erede dei grandi “pingitori” dell’antichità.
Per quanto la Classicità o l’Arcaicità, come si è visto, si stia affermando come arte di ricovero per ricondursi al bello – kalós – e vi sia un certo interesse anche a livello internazionale – come dimostrano le recenti mostre curate -, oggi diviene fondamentale anche il praticare “dal vero” le funzioni del pittore d’epoca.
Vesti femminili addensate sulla trasparenza, ornamenti di teste con copricapi policromi, bocche dischiuse a far intravedere i denti e il dialogo, mitigando la primitiva arcaica rigidezza dei volti: per ogni pennellata, una carezza al passato.
Come dire: “Il Futuro è Passato, da qui”; la funzione memorante dell’artista non esclude quella fondante dell’antichità e viceversa. In questa formula onirica di percezione del tempo si afferma l’inesistenza di un Passato e di un Futuro, dal momento in cui si apre il discorso sulla Bellezza. L’artista Muni lo sa bene: questi prodotti della creatività dello spirito umano sono irriducibili alle categorie del pensiero e delle verità logiche. Il nesso tra pensiero logico e pensiero mitico è stretto e necessario e su questo si basa la “rivisitazione dell’arte antica”, che è divenuta la sua carriera artistica in ogni senso.
Rosario, ad oggi, rimane uno dei più giovani e brillanti talenti della figurazione classica. Il suo è un mondo antico e surreale, contemporaneo e mitologico, dove tutte le leggi fisiche sono annullate, dove sileni, animali corinzi e dèi convivono: la natura è un miraggio – alla Rousseau – libero e immune dalle costrizioni della storia e dagli interessi dell’uomo. Le opere in questione, per l’esecuzione artistica e l’eredità che custodiscono, sono brillanti e di grande originalità. Non è finzione né favola ma storia vera: per il loro contenuto, in quanto esse sono narrazione di fatti accaduti in una condizione antecedente e determinante la realtà attuale [vedi Europa, mitologia].
L’Esperienza non è ciò che Accade a un Uomo.
Ma ciò che un Uomo Fa con ciò che gli Accade.Aldous Huxley
Per l’artista, il percorso intrapreso diviene un fantasticare e meditare, un comporre e un riunire, laddove la storia rimane frammento ed enigma. Guai a dirsi “falsificatore”! Come sopportare questo ruolo se non con ispirazione, sentimenti, incantesimi e magie, per scansare il pensiero contorto moderno, quello della moneta? L’arte di Rosario Muni rimane d’avanguardia perché concilia sentimento e sapere; ancor più la narrazione delle scene, come nei manufatti datati, ha un valore terapeutico: la pratica del diario, [scritto] per chi ha da confessare, [letto] per chi ha da imparare.
L’umano si decide in quella terra di nessuno fra il mito e la ragione,
nell’ambigua penombra in cui il vivente accetta di confrontarsi con le immagini inanimate
che la memoria storica gli trasmette per restituire loro vita.
Giorgio Agamben
Alla domanda “perché gli esseri umani raccontano storie? Perché le storie ci danno tanto piacere?”, la risposta che emerge è legata al fatto che le storie hanno la funzione di allenarci a risolvere problemi e conflitti. D’altronde sono le emozioni stesse che divengono comprensibili solo a uno sguardo retrospettivo. È come dire che emozioni e sentimenti non esistono senza una storia: ancor più se raccontata per immagini in un’opera semi-contemporanea. La buona arte, mentre acquieta l’insoddisfazione umana, la incrementa, sviluppando sensibilità e sentimento: ecco, di Rosario Muni, il suo “pensare greco”.
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