Questa volta – lo ammetto – mi sono sentita una privilegiata. In verità il mio privilegio è iniziato qualche giorno fa, quando sono riuscita a prenotare il mio posto per una visita guidata che attendevo da tanto tempo: quella al Castello di Sammezzano (FI).
Parlo di privilegio perché riuscire a riservare un posto per visitare questo luogo non è semplice: sono tantissime le richieste che giungono ogni qual volta il castello decide di spalancare le porte. Il momento dell’ apertura delle iscrizioni è quello più critico: bisogna compilare il modulo online nel minor tempo possibile, inviarlo e sperare di essere tra i fortunati.
Ma andiamo per gradi: ci troviamo a circa 30 km da Firenze, a Leccio, piccola località nel comune di Reggello.
Arrivarci è semplice: si può optare per l’ auto ma è il posto è anche facilmente raggiungibile in bus, partendo dalla stazione centrale di Firenze. Il castello è collocato al centro di un enorme parco, da attraversare necessariamente a piedi. Quindi, lasciata la macchina al parcheggio (quello consigliato si trova in prossimità del vicino outlet The Mall), inizia la meravigliosa avventura.
Il parco che ci troviamo davanti (uno dei più grandi della Toscana) vanta una variegata ricchezza botanica; ma quello che più colpisce sono le secolari e maestose sequoie. La scarpinata è in salita ma i sentieri ombreggiati e il paesaggio ripagano per la fatica. Dopo quaranta minuti circa di cammino, tra alberi fitti e molto alti, lo sguardo si apre inevitabilmente sul castello, unico esempio di architettura moresca in Italia.
Arrivati in cima e attraversato il verde prato, eccoci all’ ingresso principale del castello.
Si attende il proprio turno di prenotazione, con il proprio orario di visita, e si entra. Una guida preparatissima e appassionata – come poche volte si incontra – ci accompagna in un vero e proprio viaggio orientale, quel mondo che tanto affascinava il marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, bizzarro personaggio del suo tempo, nato nel 1813 a Firenze. Non si può comprendere appieno l’ entità del castello se non si illustra e delinea la sua personalità folle e geniale: uomo eccentrico per eccellenza, egli realizzò il progetto in circa quarant’anni ma dovette scontrarsi più volte con gli uomini del suo secolo. In una Firenze capitale d’italia, la chiusura e il provincialismo dei suoi contemporanei lo delinearono come lo “strano” del periodo. Ma lui guardava lontano, guardava oltre.
Il castello è la storia di un sogno. La sua realizzazione è un misto di ostinazione e passione per l’architettura. Un risultato davvero incredibile, soprattutto se si pensa che il marchese non era mai stato fuori dall’ Europa: questo meraviglioso esempio di architettura orientale è solo frutto di appassionati studi sui libri.
All’ interno, un tripudio di colori davanti ai nostri occhi. Un altro mondo. Un mondo incredibile, fatto di stili pazzeschi, strutture in gesso e messaggi esoterici. Ogni angolo meriterebbe uno scatto ma sarebbe davvero impossibile fotografare ogni minimo dettaglio.
Nel corso della visita di circa cinquanta minuti sono accessibili solo le sale al primo piano ma questo basta per farci rendere conto di quanto sia fantastica quest’opera. Ogni spazio rappresenta uno stile diverso in un susseguirsi di meraviglie.
Attraversiamo così una stanza dopo l’altra. Si può ammirare la Sala Bianca, plasmata sull’ Alhambra di Granada. La Sala dei Pavoni, ovvero quella da pranzo, con chiari riferimenti indiani. La Sala della Musica, che ha un’acustica eccellente. La sala dei fumatori, che gode di un particolare sistema di aspirazione. Tutte le sale sono caratterizzate da scritte criptiche, citazioni latine e dantesche, riferimenti particolari. Il marchese amava infatti lasciare dei segni, delle impronte o semplicemente dei messaggi. Ognuna – con le proprie volte e con ogni tipo di decorazione – lascia il visitatore a bocca aperta. Impossibile non farsi trasportare da sensazioni magiche.
La visita termina nella cappella, anch’essa opportunamente adornata ed eclettica. Una scritta – “Dio è grande” – e un altare massiccio e forgiato dominano la visuale. Finisce qui il viaggio, originale e unico nel suo genere. La guida ci riporta verso la scalinata di uscita, dove è arrivato il momento dei saluti e dei ringraziamenti. Tutti pieni e soddisfatti per avere respirato un po’ d’ Oriente anche in Toscana, possiamo ritornarcene a casa.
Purtroppo davanti a questo paradiso è innegabile non pensare all’ evidente stato di degrado in cui versano il castello e il suo giardino, da vent’ anni a questa parte. Ma il posto rimane speciale, anche e soprattutto grazie al prezioso contribuito e alla passione del comitato. Un posto magico, inusuale e sorprendente.
Tappa obbligatoria per chi si trova in zona ma tappa da inserire nei propri itinerari di viaggio anche per coloro che vengono da lontano.
Tag:architettura moresca, arte, Castello di Sammezzano, firenze, Toscana