Continua il nostro percorso intorno all’Etna, il più grande vulcano attivo d’Europa
La Sicilia nasconde tesori inaspettati e uno di questi è la Ducea di Nelson, un angolo di Inghilterra. La Ducea, che oggi ospita un museo, era la residenza siciliana dei discendenti di Horatio Nelson (il castello) e ancora oggi rimane una perfetto documento sulla vita inglese.
La Ducea era un’abbazia benedettina, dedicata a Santa Maria di Maniace. Venne fondata dalla regina Margherita di Navarra nel XII secolo e, nel 1799, donata – insieme al feudo – da Ferdinando di Borbone all’ammiraglio inglese Horatio Nelson. La maggior parte degli arredi venne lasciata dagli eredi della famiglia Nelson e oggi il complesso è vero e proprio percorso museale ricco di cimeli, reperti archeologici e pareti coperte di quadri e marine giganti che descrivono le vittorie di Nelson.
Di rilievo, un ritratto a figura intera di Nelson e Wellington, l’uno accanto all’altro. Tutto, nella Ducea, ricorda il glorioso ammiraglio inglese che sconfisse Napoleone: medaglie, piani di battaglia navali, ordini militari…
La Ducea si affaccia sul giardino botanico e sul cortile principale del complesso, al centro del quale sorge la grande croce celtica, voluta nel 1888 dal discendente dell’ammiraglio, il IV Duca di Bronté Lord Alexander Nelson Hood, barone Bridport. Nel parco si trova un piccolo cimitero, dove spicca una croce celtica in pietra lavica che indica la sepoltura del poeta scozzese William Sharp.
L’itinerario escursionistico sempre sulle orme di Nelson continua sul versante sud del Parco dei Nebrodi. Maniace, antico abitato, nasce in una magnifica posizione, in una fertile e irrigua vallata, al punto di congiungimento di tre torrenti: il Cutò, il Martello e il Saracena, che scendono dai monti Nebrodi per confluire (dandogli origine) nel fiume Simeto. Partiamo da p.zza San Gabriele, nella contrada Petrosino (quota: 750 metri s.l.m.), attraverso una strada asfaltata nel primo tratto, che diviene a fondo naturale dopo poche centinaia di metri, consentendo l’ingresso nel bosco di roverella. L’ingresso in un cancello indica l’inizio del demanio forestale.
In questo primo tratto, in leggera salita, si passa accanto al rifugio forestale Donna Vida (dove si può fare una prima sosta) e all’omonima sorgente. Proseguendo lungo una pista interna della forestale (qui la strada è asfaltata) e giunti nei pressi di un cancello in legno, si svolta a destra per la vecchia Regia Trazzera, che gli allevatori utilizzavano per la transumanza degli animali.
Da questa trazzera si raggiunge la località Serra Spina, a quota 1558 metri s.l.m. Continuando per il sentiero e guardando l’Etna sullo sfondo, tra pascoli di montagna e zone rimboschite, si arriva all’ Obelisco di Nelson, in località Serra del Mergo. L’obelisco, fu fatto erigere dal duca di Nelson nel 1905, per delimitare la Ducea.
Questo luogo offre l’occasione per poter ammirare una spettacolare veduta dei Nebrodi, spaziando dal Lago Tre Arie alla Serra del Re e alla vetta di Monte Soro, con l’imponente sagoma del vulcano in lontananza. Altro luogo affascinante – proseguendo sulla SS 120, direzione Randazzo – è l’ area naturalistica del Lago Gurrida, unico esempio di area umida su di un vulcano. Qui, sia d’inverno che in primavera, è possibile osservare uccelli migratori. Assolutamente da percorrere il sentiero naturalistico tra i vigneti allagati in alcuni periodi dell’anno. L’ingresso del sentiero si trova all’interno dell’Az. Agr. Gurrida.
Immettendosi sulla Sp 284, si prende la direzione di Bronte, la città del pistacchio. La storia di questo paese è legata al fiume Simeto e agli antichi popoli che qui vissero. La presenza a Bronte dei Greci, che in Sicilia fondarono gruppi di colonie più o meno dal V al VIII secolo a.C., risale probabilmente agli anni successivi alla fondazione di Naxos (735-730 a.C.). I Romani avevano qui, lungo l’antica via consolare, delle stazioni militari (castra), sorti per contrastare le incursioni dei Siracusani, loro acerrimi nemici. Anche Arabi e Normanni si succedettero, lasciando le loro orme. L’assoluta unicità di questo territorio rappresenta uno degli scenari paesaggistici più interessanti di tutta la provincia catanese.
La pistacchicoltura rappresenta la più significativa coltivazione (l’oro verde di Bronte), stranamente a proprio agio sulle rocce laviche, che risultano proibitive per qualsiasi altro tipo di vegetazione (“i lochi”, quasi 3.000 ettari di terreno lavico, hanno un limitato strato arabile).
La città domina l’alta valle del Simeto e si estende, scendendo dolcemente dalle falde dell’Etna, fino alle rive del fiume dove, a segnare il confine del comprensorio comunale, si trovano gli ultimi antichi e imponenti cosotoni lavici corrosi dalle acque. Il pistacchio è la principale risorsa economica del territorio di Bronte; ma ci sono altri prodotti tipici di antichissima origine, come il pecorino pepato di Bronte, il più antico di tutta la Sicilia, noto e lodato già dai tempi dei Greci.
Continuando il nostro percorso lungo il fiume Simeto – prendendo la Sp 225 -, tra le piantagioni di pistacchio e gli uliveti incontriamo la riserva naturale delle Forre laviche del Simeto. Tra canyon lavici e cascate, il fiume assume un aspetto caratteristico. Lungo il suo coso incontriamo il Ponte Normanno e, qualche chilometro più in giù, il più conosciuto Ponte dei Saraceni, in realtà costruito dai Normanni nel IX sec.
Il nostro percorso si conclude ad Adrano, comune le cui radici si perdono nella notte dei tempi, fino ad arrivare al Neolitico. Furono i Siculi che, provenienti dalla costa jonica, s’insediarono nel territorio etneo intorno al X secolo a.C. e fondarono la città del Mendolito, nei pressi del Ponte dei Saraceni, nel fondo valle del fiume Simeto. Di questa città ormai sepolta sopravvive oggi, nel territorio di Adrano, la cinta muraria.
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