La tutela delle risorse naturali non è solo un dovere, ma è anche un diritto
«La natura diventò in effetti qualcosa da assoggettare alla volontà e alla ragione umana, oggetto passivo di azione mirata, un oggetto di per sé privo di scopo e pertanto in attesa di assimilare lo scopo che gli instillavano i suoi padroni».
Le parole del sociologo Zygmunt Bauman rappresentano una sintesi della ratio presente alla base del degrado ambientale, di cui l’ essere umano si è reso protagonista nel tempo. Da sempre l’uomo ha usato le risorse naturali per trarne benefici. Ma con il passare degli anni questo utilizzo è divenuto un vero e proprio sfruttamento, al punto da intervenire sui cicli naturali degli ecosistemi, modificandoli irreversibilmente e sacrificandoli in nome del progresso tecnologico e dell’ aumento di denaro.
Una relazione di questo tipo, che si potrebbe definire schiavo-padrone ha ottenuto risultati a dir poco tragici: dall’ aumento esponenziale dell’ inquinamento al cambiamento climatico, dall’ erosione dei suoli alla perdita della biodiversità, passando per il depauperamento delle risorse forestali ed alimentari (queste ultime connesse anche a un notevole incremento demografico registrato nel XX secolo). Pertanto la natura è stata indotta a difendersi, rispondendo agli attacchi e agli oltraggi per mano dell’ uomo sotto forma di catastrofi naturali. Si è così instaurato un rapporto di mutua aggressione, in cui l’ uomo pone se stesso in condizioni di pericolo per la sua vita. Occorre dunque “ripensare” tale legame, abbandonando il principio antropocentrico (che pone l’ uomo al centro di ogni interesse) e accogliendo una forma di responsabilità, di impegno da parte di ognuno, finalizzato a tutelare la dimensione ambientale che ci circonda.
Anche la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 210 del 22 maggio 1987, ha ricordato come l’ ambiente sia un «diritto fondamentale della persona e interesse fondamentale della collettività». Proprio per preservare tale diritto e garantirlo a tutti, gli interventi e le politiche umane dovrebbero rispettare il cosiddetto “sviluppo sostenibile” (espressione che compare per la prima volta nel 1987 nel Rapporto Brundtland, pubblicato dal presidente della Commissione Mondiale per l’ ambiente e lo Sviluppo G. H. Brundtland) quello sviluppo cioè che soddisfa le necessità attuali muovendosi però secondo una prospettiva a lungo termine, tenendo conto quindi delle esigenze delle generazioni future.
Alla luce di tali riflessioni, a ognuno di noi spetta il diritto di fruire dei beni disponibili in natura, ricordando però del contrapposto dovere. Rispettare e tutelare ciò che ci circonda.
Senza rispetto non c’è vita.
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