Gran parte della vegetazione mediterranea cela leggende e miti provenienti dalle precedenti dominazioni greche. Nella mia città, Agrigento, il gelso è molto conosciuto ma non altrettanto i due amanti della mitologia greca e romana da cui ha origine. La loro storia ci viene descritta da Ovidio nelle sue Metamorfosi. La trama, probabilmente, vi sembrerà familiare, poiché simile alla tragedia shakespeariana di Romeo e Giulietta.
Piramo e Tisbe erano due giovani babilonesi, vissuti durante il regno di Semiramide, i quali abitavano in case vicine. Nonostante i rispettivi genitori si odiassero a morte, i due si innamorarono presto. Una volta furono sorpresi a baciarsi e quindi rinchiusi ciascuno nello sgabuzzino del palazzo in cui viveva. Ma, tramite una piccola fessura nel muro che separava le case, erano in grado di sussurrarsi le più tenere frasi d’amore.
Piramo e Tisbe progettarono un piano per fuggire: avrebbero incatenato i loro guardiani e sottratto loro le chiavi. La nutrice della fanciulla era una donna ingenua e quindi era molto facile raggirarla; Piramo, invece, si era messo d’accordo con il suo guardiano, che avrebbe finto di essere stato aggredito consegnandoli, così, le chiavi tanto desiderate.
Così avvenne: i due girarono per le campagne fino a quando non trovarono un rifugio sotto un antico albero di gelso. E lì, complice il tramonto, si amarono… Poco dopo, Tisbe uscì nell’oscurità, dirigendosi verso una fonte vicina ma si accorse che una leonessa, reduce da un pasto, stava bevendo proprio lì. La ragazza impaurita si nascose in un antro buio e, nella foga, le cadde il velo. La leonessa prese il velo e, giocando, lo lacerò, sporcandolo con il sangue del precedente pasto.
Piramo, giungendo subito dopo, vide il velo lacerato e insanguinato. Non trovando la sua amata, fu colto da disperazione e, credendo che l’animale avesse ucciso Tisbe, raccolse il mantello, lo baciò e si trafisse con un pugnale. Tisbe, superata la paura, uscì dal nascondiglio per raggiungere l’amato ma, dopo aver visto il corpo del giovane supino privo di vita, in preda alla disperazione pronunciò le seguenti parole:
“Tu, albero che ora copri coi tuoi rami il corpo sventurato d’uno solo di noi e presto coprirai quelli di entrambi, serba un segno di questo sacrificio e mantieni i tuoi frutti sempre parati a lutto in memoria del nostro sangue!”
Dopo aver estratto il pugnale, Tisbe si uccise. Dai corpi intrecciati dei due amanti si riversò sangue che tinse la terra, tinse l’albero, tinse le bacche. Gli dei, impietositi, lasciarono che le bacche del gelso si colorassero per sempre di un rosso cupo, al momento della massima maturazione, in ricordo di questo grande amore.
Il gelso (morus) appartiene alla famiglia delle Moracee, originaria del Medio Oriente.
Le principali specie conosciute e rinvenibili in Italia e in Europa sono il gelso bianco (morus alba) e il gelso nero (morus nigra).
Il suo fusto può raggiungere i 20 metri, la chioma è espansa, i rami sono di colore giallo-grigiastro per il morus alba e grigi o bruni nel caso la pianta sia una morus nigra. Essendo monoica, la pianta può presentare infiorescenze sia maschili che femminili o anche infiorescenze ermafrodite. Le foglie sono utilizzate in bachicoltura come alimento base per l’allevamento dei bachi da seta.
Il gelso è una pianta amica della salute. L’estratto delle sue bacche svolge infatti un’azione preventiva nei confronti di diverse malattie. Grazie al suo elevato potere antiossidante, il gelso protegge cellule e tessuti dall’invecchiamento. Non solo: i flavonoidi e il resveratrolo presenti nelle sue bacche proteggono l’apparato cardiovascolare, riducendo il rischio di ipertensione proprio grazie alla loro azione antiossidante che “pulisce” le arterie, aumentando il cosiddetto colesterolo buono. Inoltre, l’attività antiossidante delle antocianine – le molecole che conferiscono alle bacche delle varietà rosse e viola il loro tipico colore – aiuta a contrastare l’insorgenza dei tumori.
I suoi frutti sono ricchi anche di ferro, vitamina C e vitamina A. Per questo si tratta di un rimedio naturale utile anche a contrastare l’anemia e le sindromi da raffreddamento, nonché a proteggere la vista. Infine, le bacche di gelso aiutano a combattere la stitichezza e a mantenere costante la glicemia nel sangue, mentre il loro succo contrasta la disidratazione.
Sarà grazie agli innumerevoli benefici che l’uso dei suoi frutti è molto diffuso in Sicilia.
Qui, infatti, vengono prodotte confetture, granite, sciroppi e preparate gustosissime torte a base di questo dolcissimo frutto.
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– ReCucco (Ragusa)
– Rosa dei Venti (Caltagirone, CT)
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