Non sono campana d’origine, ma ci sono molti aspetti di questi luoghi che mi attraggono particolarmente, ogni giorno ritrovo dei nuovi dettagli e scopro nuovi elementi di questa regione che mi portano ad apprezzarla sempre di più. Uno fra questi, fra i più importanti, è quello dell’enogastronomia, ambito che, più che in tanti altri luoghi d’Italia, qui ha la sua massima espressione.
Fra l’immenso ventaglio di proposte per il palato, questi luoghi hanno dato origine al piatto per eccellenza: la pizza. Pietanza povera negli ingredienti base: acqua, farina, lievito e sale, i quali, se combinati ad arte, riescono a rendere un gusto eccezionale.
Anche se solo da pochi anni, ho iniziato a provare numerosi luoghi, famosi e non, in cui assaggiare questo particolare prodotto della tradizione locale. Fra tutte queste prove, una è riuscita a superare le altre: la pizzeria di Franco Pepe, personaggio ormai noto per tutti i premi di cui è stato insignito, dall’Espresso, al Touring Club, al Gambero Rosso.
La specialità di questo luogo sta nell’eccellenza delle materie prime, prodotte nei dintorni, e nella speciale preparazione dell’impasto, interamente lavorato a mano.
Pepe in grani è un vero e proprio tempio della pizza, si trova a Caiazzo, una piccola realtà del casertano che si raggiunge percorrendo curve che spaccano campagne di oliveti. Una volta giunti a destinazione, ci si affida alle indicazioni e all’intuito, infatti c’è una particolare scalinata a gomito, in pietra dura, che accompagna fino alla meta. La scelta di questa location, al di là della scenograficità del posto, è sicuramente dovuta alla volontà di vicinanza alla tradizione locale e al luogo di produzione degli ingredienti.
L’attesa non è breve, ma ogni minuto viene sapientemente ricompensato non appena giunge il piatto in tavola. Sui tabelloni all’entrata si precisa che è sempre consigliata la prenotazione e si fa riferimento ai tempi d’attesa come un pregio del locale: per poter servire un buon prodotto, infatti, è necessario dedicargli le tempistiche adeguate.
Al di là degli alimenti, la caratteristica che ho apprezzato maggiormente è stata quella della visibilità dei pizzaioli al lavoro. All’entrata, si può infatti vedere come viene stesa, condita e infornata la pizza; il prodotto finale, insieme alle mani che lo lavorano, hanno la assoluta centralità. Il titolare è sempre presente e molto ospitale, e lo si vede intervenire a controllare la sala e ad aiutare i propri collaboratori.
Anche nella sala al primo piano, viene proiettato sul muro questo “spettacolo”, il miglior modo per intrattenersi nell’attesa che lo staff di camerieri giunga con le pizze al tavolo. Sulle pareti, oltre alle targhette commemorative, sono esposte alcune immagini degli ambienti rurali dell’Alto Casertano da cui provengono le materie prime.
Il menù è semplice e presenta sia le pizze classiche, sia le elaborazioni dello chef, con prodotti particolari e di indubbia eccellenza, sempre nel rispetto della stagionalità dei prodotti.
Come antipasto, la scelta è ricaduta sulla montanara, un impasto lievitato e fritto ad arte, leggero come una nuvola. Dopodichè, mi sono lasciata ispirare dalle pizze esteticamente più appaganti e insolite che avevo visto sfornare durante i minuti d’attesa: la Margherita sbagliata e la Sfizio ai pomodori, entrambe deliziose. Della prima, dai geometrici colori contrastanti, ho apprezzato la varietà di olio che era stata scelta, mentre della seconda, indubbiamente i pomodorini gialli della varietà Lucariello, di equilibrata dolcezza.
Sul menù, interessante anche la Pinsa conciata del ‘500 (mastunicola), ossia la versione originaria di quella che nei secoli è poi evoluta nella pizza come la conosciamo attualmente.
Purtroppo non sono riuscita ad assaggiare i dessert, ma anche quelli avevano un aspetto estremamente invitante. Non sono una critica gastronomica né pretendo di poter valutare un artigiano dei sapori così importante. Credo però che, quando la qualità viene apprezzata anche dal palato a volte insufficientemente stimolato della gente comune, in tal caso si possa parlare di eccellenza a 360 gradi.
Qui si può assaporare un piatto tradizionale, associato alla sostenibilità delle materie prime e della lavorazione, con un’ottimo rapporto qualità-prezzo (il prezzo di una margherita classica è inferiore ai quattro euro, il coperto è gratuito; i menù degustazione sono i meno economici, a causa della necessità di maggiore quantità di tempo per la loro preparazione).
〈Credits Immagini: Identità Golose, Cristina Aprile〉
Tag:Campania, enogastronomia, pizza