Daniel Vuillon è un coltivatore, proprietario di una fattoria fra Tolone e Marsiglia. Ma non è un coltivatore qualsiasi.
Dopo essere stato per anni fornitore per la grande distribuzione, nel 2000 decise di importare un’idea innovativa di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti. Così nacque la prima AMAP (Association pour le Maintien d’une Agriculture Paysanne). Il suo funzionamento dipende da un unico principio base, quello della fiducia fra produttori e consumatori. Questi ultimi, si impegnano ad acquistare un determinato prodotto derivante dalle coltivazioni locali per sei mesi, pagando una cifra fissa all’inizio (attorno a 600 euro in totale, l’equivalente di 25 euro a settimana). In questo modo, i coltivatori conoscono la quantità precisa di frutta e verdura da produrre, senza sprechi.
In questo modo, è stato possibile ripristinare la coltura di prodotti non più ritenuti interessanti dalla grande distribuzione, in quanto non adatti alla produzione su larga scala, a beneficio del sapore e dell’assortimento delle varietà. Grazie a questo meccanismo, ne beneficiano tutti: il consumatore che può mangiare un prodotto sano, senza l’uso di fertilizzanti e/o pesticidi; il terreno, al quale viene garantita la ciclicità delle coltivazioni e quindi non ha più la minaccia della desertificazione e anche il produttore, che ha la certezza di vendere tutti i prodotti della sua terra, senza perdite di denaro e sprechi di prodotti preziosi.
Afferma uno dei collaboratori di questa iniziativa: “Per esempio esistono 800 tipi diversi di melanzana, per questo non vedo perché dovrei limitarmi a coltivarne solo uno. Quindi far rivivere la biodiversità, far rivivere vecchie qualità che sono scomparse perché non possiedono gli standard richiesti; questo è il tipo di lavoro che riusciamo a fare con AMAP”.
Un’altra lancia a favore di questa iniziativa è un tema altrettanto importante, che influisce sul prezzo finale del cibo, quello del trasporto. Trattandosi di prodotti venduti direttamente vicino al luogo di produzione, si abbattono non solo i costi di eventuali intermediari e del trasporto in sé, ma anche la quantità di CO2 emessa per spostarli.
Tutto si svolge nel giro di pochi chilometri. Daniel non sottovaluta il principio della solidarietà che unisce questo meccanismo: chi produce e chi consuma si aiutano a vicenda. Per cui si crea un vero e proprio rapporto fra chi cura il cibo e chi lo porterà in tavola.
Anche il consumatore finale, però, deve abituarsi ad assumere un nuovo punto di vista. Con le AMAP, si consuma ciò che viene donato naturalmente dalla natura, la frutta e la verdura seguono la ciclicità delle stagioni, non è possibile trovare un determinato prodotto tutto l’anno, perché è giusto e naturale che sia così. Le stesse condizioni climatiche sono una variabile, in caso di maltempo, infatti, si ha diritto a una quantità più limitata di prodotti.
Si educano così consumatori più consapevoli e più altruisti nei confronti delle generazioni successive. Le coltivazioni intensive, così come sono state impostate con l’avvento dell’agricoltura moderna, sono in grado sì di garantire quantitativi di prodotto non indifferenti, ma con lo sfruttamento insistente dei terreni con monocolture e prodotti chimici. Meccanismo che, a breve, non sarà più in grado di sfamare l’interezza della popolazione mondiale.
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