Social trekking, cammino lento, deep walking. E chi più ne ha, più ne metta: ultimamente sembra che l’umanità si sia rimessa in cammino, alla scoperta della propria anima perduta, o almeno un po’ confusa. Fioccano le iniziative che mettono al centro un paio di scarponi e di bastoncini da escursione, si moltiplicano, o trovano rinnovate energie, associazioni ed appassionati trekkers. Bene così, il turismo ha disperatamente bisogno di valorizzare modi di viaggiare che mettano al centro dell’esperienza valori etici condivisi, accanto alla voglia di scoprire territori, persone, storie.
Un grande interesse ha quindi accompagnato la presentazione del Festival Europeo delle Vie Francigene 2016: l’iniziativa, centrata su uno dei più celebri itinerari culturali europei, riscuote il supporto delle istituzioni pubbliche, tra cui il Ministero dei beni culturali e del turismo. Il cui sottosegretario Cesaro ha parlato di “turismo di qualità ma non spendaccione”. A noi piace questa definizione: una sintesi, sbrigativa ma efficace, di ciò che in fondo è il mondo dei cammini, che tanto ha in comune con il turismo responsabile.
È davvero straordinario, in effetti, l’intreccio di storia e di storie, di destini e destinazioni che caratterizza la Via Francigena: un tramite tra il Nord e il Sud lungo l’asse Canterbury-Roma, mentre la Via Appia si assume il compito non facile di fare da ponte tra Occidente e Oriente, lungo il percorso Roma-Brindisi.
Turismo accessibile e sostenibile, ma importante è anche l’aspetto religioso, con il ruolo centrale di una figura che si pensava ormai scomparsa: il pellegrino. Come ha rilevato Massimo Tedeschi, presidente dell’Associazione europea delle vie Francigene, il pellegrinaggio è sempre in auge perché è strumento di promozione della pace, al di là della definizione adottata dal Consiglio d’Europa di “itinerario culturale europeo”. Merita elogi, infatti, il partenariato stretto con otto amministrazioni locali della Turchia, per incentivare il dialogo interreligioso in questa epoca di incomprensioni e odi fomentati ad arte.
Come ha segnalato anche il direttore artistico del Festival, Sandro Polci, l’Europa e la Turchia sono sempre state collegate da sentieri percorribili solo a piedi. La via Licia e la via Egnatia sono ora battute da masse dolenti in fuga da guerre e privazioni: i migranti hanno preso il posto dei pellegrini, e le loro sofferenze devono essere tenute a monito da tutti noi.
Oltre a questo importantissimo ruolo, il Festival delle Vie Francigene, grazie anche alla “partecipazione compatta dei Comuni in tutte le Regioni d’Italia (Toscana e Lombardia hanno messo in campo finanziamenti per la manutenzione e per l’allestimento di ponti, ciclovie e altre strutture leggere a disposizione dei camminanti), è una opportunità per destagionalizzare l’offerta turistica”. Quasi un modello di “economia rigenerativa” per i territori sui quali si svolge.
Testimone d’eccezione e autorevole Alberto Alberti, 79 anni, infaticabile animatore del “Gruppo dei Dodici” e dell’iniziativa di dialogo interreligioso Pilgrim Crossing Borders, ha poi proposto di costellare la Francigena con tavole di legno riportanti estratti dal “Cantico dei Cantici”: quale migliore viatico delle lodi francescane per ispirare i camminatori?
Con decine di eventi in programma già a partire dal mese di giugno, non resta dunque che augurare, a tutte e a tutti, buon cammino. Magari con le ben più nobili parole di Arthur Rimbaud (grazie a Luigi Lazzarini per rammentarcele):
Le sere azzurre d’estate, andrò per i sentieri,
Punzecchiato dal grano, a calpestare erba fina:
Trasognato, ne sentirò la freschezza ai piedi.
Lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.
Non parlerò, non penserò a niente:
Ma l’amore infinito mi salirà nell’anima,
E andrò lontano, molto lontano, come uno zingaro,
Nella Natura – felice come con una donna.
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