
Acquaforte di Jean Houel (www.museoviaggiatori.it)
«La Sicile, dont les Poètes anciens ont fait le berceau de la Mythologie, parce qu’elle leur offroit au milieu des grands phénomènes de la nature les premiers monuments des arts, la Sicile est un des pays de l’Europe les plus curieux à observer; le plus dignes d’être détaillés. Depuis quelques années elle a enfin obtenu l’attention des voyageurs […]» Jean Houel, Voyage pittoresque des îles de Sicile, de Malte et de Lipari, Paris 1782, v. I, p. V
La Sicilia è una delle regioni italiane che hanno avuto una buona capacità di attrarre turisti. Isola posta al centro del mare nostrum, con montagne dalle dolci curve che degradano lentamente verso il mare… E poi i suoi vulcani: l’Etna, il più grande e spettacolare o i minori Vulcano e Stromboli, con eruzioni altrettanto straordinarie. Certamente non è solo il paesaggio che affascina i suoi ammiratori: le varie dominazioni greca, romana, araba, normanna, spagnola hanno segnato profondamente la cultura siciliana e i ritroviamo i loro segni tangibili nelle città, nelle chiese, nei castelli e nei palazzi nobiliari.

Padre Labat (www.arstum.it)
Quando inizia la storia del turismo in Sicilia? Le radici affondano nel XVIII secolo. È infatti allora che arriva la “scoperta” della Sicilia da parte degli stranieri. Prima era sì conosciuta ma solo sporadicamente toccata dai viaggiatori. A fare da apripista è un monaco avventuriero, Padre Labat, che nel 1711 visita Messina per soli quattro giorni, lasciandoci un resoconto gustoso nel quale si fondono amabilmente sapiente ironia e comicità.
Nonostante la sua fama di filibustiere, l’abate francese decide di non uscire dalle mura della città perché spaventato dai racconti dei briganti che infestano le campagne siciliane. Belle sono le pagine che dedica alla ricca cucina siciliana, nelle quali si sofferma sulla descrizione delle pietanze, sul modo di confezionare i cibi e di presentarli a tavola.
L’occhio di questo perspicace viaggiatore cattura velocemente un quadro significativo dell’isola, notando le impunità dei delitti godute dalle classi più elevate, indugiando sulle moine di un corteggiamento a distanza di una giovane donna da parte del suo spasimante, fino a tratteggiare in modo dissacratorio le caratteristiche peggiori del clero pletorico siciliano e l’intensa vita sociale che si svolge nelle fresche chiese dei Gesuiti.

L’opera di Jacques Philippe d’Orville (museoviaggiatori.it)
È nel 1727 che Jean Philippe d’Orville [studioso olandese e docente presso l’Athenaeum Illustre di Amsterdam, n.d.r.] visita l’isola, spinto dal suo interesse verso la civiltà classica e l’archeologia. Il diario di viaggio di questo attento osservatore – lasciato incompleto nel 1751 e poi stampato nel 1764 – è una descrizione accurata dei monumenti dell’antichità esistenti in Sicilia, anche se non viene trascurato il paesaggio vulcanico, tanto che ci viene lasciato un interessante passaggio dedicato all’ascensione sull’Etna. La sua opera odeporica [che concerne un viaggio, n.d.r.] non raggiunge però il vasto pubblico: la scelta di scrivere in latino preclude la lettura a molti.
Sono il barone Riedesel e lo scozzese Patrick Brydone i veri iniziatori della moda del viaggio in Sicilia: il primo attraversa l’isola nel 1767 e pubblica il suo libro nel 1771, lanciando ai suoi conterranei l’invito ad iniziare al più presto l’avventura nell’isola. Ma è dopo il 1773, anno della pubblicazione del viaggio di Brydone, che la Sicilia diventa una meta quasi irrinunciabile per i grandtouristi. La trasposizione letteraria che fa lo scrittore inglese della sua esperienza – “A tour through Sicily and Malta” – diventa una vera e propria guida per chi si appresta a visitare le città siciliane.
La Sicilia entra nel Grand Tour: i rampolli delle famiglie aristocratiche, per completare la formazione universitaria, viaggiano per riscoprire le radici classiche della cultura europea. È così che giungono nell’isola personaggi di primo piano della scena illuministica europea, come ad esempio Roland de la Platiére, il conte di Borch, Sonnini, Payne Knight, Swiburne, Vivant Denon e il pittore Jean Houel, lo scrittore svizzero Josef Widmann accompagnato dal celebre musicista Johannes Brahms, il russo Anton Norov, il marchese francese Joseph de Foresta, il parigino Pierre Henri De Valenciennes, l’erudito danese Friedrich Münter e, su tutti, il poeta tedesco Wolfang Goethe: il Grand Tour valica lo stretto e per la prima volta gli stranieri navigano da Napoli alla Sicilia, dove scoprono le lussureggianti bellezze naturali dell’isola e rivivono le gesta degli antichi eroi dell’antichità.

Goethe in Sicilia (travel365.it)
Le città preferite dagli stranieri erano Messina, Taormina, Catania, Sperlinga, Segesta, Selinunte e Agrigento ma non poteva mancare la scalata – o ascensione, come veniva chiamata allora – sull’Etna. Iniziano così a sorgere nelle località più frequentate le prime strutture ricettive – locande e alberghi -, anche se molti grandtouristi spesso trovano ospitalità nelle dimore dei notabili delle città o nei più spartani monasteri.
Viaggiatori del Nord Europa – tedeschi e francesi – ma anche inglesi, russi e di altre nazioni si inerpicano nelle non facili e poco sicure trazzere [tratturi, n.d.r.], che collegano da un capo all’altro le città siciliane. Si fermano in piccole e spesso mal attrezzate locande, dove alla flebile luce di una candela si premurano di prendere appunti del loro viaggio. L’obiettivo è di raccogliere i materiali e compilare delle guide, grazie alle quali i propri connazionali possano conoscere le meraviglie della Sicilia e, attraverso le impressioni dei viaggiatori, non solo rivivere le emozioni ma anche approfondire le conoscenze artistiche e architettoniche o, più semplicemente, trovare delle indicazioni per i loro futuri viaggi.
È attraverso la lettura di questi diari, è dagli occhi dei viaggiatori, che scopriamo come era la Sicilia nel XVII secolo. Ma – come ha scritto Hélèn Tuzet – «la Sicilia ce li rilevaa ed essi, a loro volta, ci rivelano la Sicilia» .
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