Recentemente ho fatto una passeggiata a Subiaco, seguendo le tracce di personaggi storici che abitarono questo piccolo centro a sud-est di Roma. Ho visto come il potere politico abbia tenuto in grande considerazione quest’angolo dello Stato Pontificio, prossimo al confine con il Regno di Sicilia.
Non furono però solo i Borgia e altre famiglie ricche e potenti a scegliere Subiaco: il paese fu anche rifugio per San Benedetto negli anni del suo eremitaggio sul Monte Taleo e nel lungo periodo in cui il santo di Norcia fece costruire qui 12 monasteri.
Era la fine del 400 quando Benedetto, poco più che diciassettenne, giunse nella valle dell’Aniene. Proprio qui iniziò la sua esperienza monacale. Dopo l’incontro con alcuni monaci, decise di diventare eremita e per tre anni visse in una grotta inerpicata sulle sponde del fiume che attraversa Subiaco. Quella grotta a picco sull’Aniene divenne nell’XI secolo un monastero, intitolato al Patrono d’Europa e conosciuto anche come Sacro Speco.
Le pareti del monastero s’integrano perfettamente con la parete verticale della montagna e anche il sentiero che porta all’edificio sacro, attraversando un boschetto, si fonde perfettamente con la natura circostante. Per queste caratteristiche, Papa Pio II lo descrisse come “nido di rondini”. Sono numerose le leggende legate al santo: una di queste narra che, stanco per la strada fatta per giungere fino alla grotta, Benedetto si poggiò su una roccia, inginocchiandosi. La roccia si fece morbida – sono ancora visibili le impronte della mano e del ginocchio − e gli alberi, in segno di rispetto, si piegarono. Per questo motivo – si dice – ancora oggi crescono quasi perpendicolari alla parete lungo la stradina che conduce al Sacro Speco.
Il Monastero di San Benedetto comprende due chiese (una sopra l’altra), corridoi e cappellette, tutti a diretto contatto con la pietra del Monte Taleo e ricchi di affreschi di periodi differenti. L’aspetto attuale risale al XIII secolo, ben duecento anni dopo l’inizio della costruzione della chiesa inferiore.
Tra gli innumerevoli affreschi, ne troviamo molti che raccontano la vita di Benedetto da Norcia in questi luoghi e, in particolare, due illustrano come sia miracolosamente riuscito miracolosamente a scampare a due attentati alla sua stessa vita da parte di altri monaci, che provarono ad avvelenarlo con del pane e con una coppa di vino, entrambi adulterati.
Di tutti gli affreschi che troviamo qui, però, quello di maggiore importanza storica è un ritratto di San Francesco d’Assisi. Un ritratto di grande rilevanza perché realizzato mentre il Patrono d’Italia era ancora in vita; manca infatti l’aureola. Inoltre è possibile dire – con sufficiente precisione – che sia anteriore al 1224, perché non sono raffigurate le stigmate che il Poverello di Assisi ricevette in quell’anno. Si tratta quindi della più antica raffigurazione di San Francesco.
Pur non esistendo nell’agiografia francescana, scritta da Tommaso da Celano, riferimenti alla sua presenza nel monastero sublacense, si racconta che il Santo assisiate fu presente alla consacrazione della cappella di San Gregorio e per questo motivo troviamo qui l’affresco che lo raffigura. Inoltre si narra che fu un’idea del Poverello quella di piantare delle rose ai piedi del monastero, dove un tempo vi erano solo i rovi in cui si lanciò San Benedetto per sfuggire alle tentazioni diaboliche.
Se, come è probabile, San Francesco visitò questi luoghi, fu per avvicinarsi a un posto tanto importante nella vita del Padre del monachesimo occidentale, vissuto oltre 500 anni prima di Lui oltre che innamorato in modo mistico di tutto il creato, e per contemplare la natura che avvolge il monastero benedettino e ad esso si intreccia.
Molti secoli prima che il fondatore della Regola si ritirasse in preghiera in queste grotte e desse vita a uno degli ordini monastici più importanti del cristianesimo, queste stesse pendici furono abitate da un uomo dal temperamento decisamente più aggressivo, che segnò la storia dell’Impero Romano. Ma questa è una storia diversa, da raccontare in un altro momento.
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