Bruciare rifiuti comporterà finalmente il carcere: a dirlo è il nuovo decreto del Consiglio dei ministri approvato ieri, che introduce il reato di combustione dei rifiuti, non solo di quelli pericolosi. In questo modo si cerca di mettere una toppa a un disastro ambientale unico come quello della Terra dei Fuochi, un territorio ormai conosciuto con un nome che può sembrare suggestivo, ma che è invece sinonimo di veleno.
“Questo decreto afferma un principio fondamentale: la tutela dell’ambiente è tutt’uno con la lotta alla criminalità organizzata”: è stato questo il commento su Twitter del ministro dell’Ambiente Andrea Orlando. Una legge fatta per un territorio ormai da 20 anni martoriato dalla criminalità organizzata, che lì gestisce e smaltisce i rifiuti legali e illegali provenienti da tutto il Paese.
La Terra dei Fuochi. Coniato da Legambiente nei suoi Rapporti Ecomafia, il nome Terra dei Fuochi si riferisce a un’area abbastanza estesa tra la provincia di Napoli e quella di Caserta: ma in questi anni il fenomeno si è esteso anche al resto delle provincie campane, in particolare alla Provincia di Salerno. Le discariche, abusive o meno, che in questi territori sono state messi in piedi negli ultimi 20 anni sono ormai al collasso: per fare spazio ad altri rifiuti si bruciano quelli già presenti.
In queste discariche vengono sversati tanti tipi di rifiuti: domestici, urbani e speciali. Sono proprio questi a preoccupare di più cittadini ed esperti: rifiuti provenienti da attività agricole artigianali e industriali, scarti di demolizione e costruzione, rifiuti provenienti da macchinari, centri dir icerca e laboratori di vario tipo, combustibili, veicoli a motore, materiali tossici come l’amianto.
I rifiuti speciali sono definiti dall’articolo 7 del Decreto Legislativo 22 del febbraio 1997: a causa della loro pericolosità, devono subire un trattamento speciale, che assicuri di evitare rischi ambientali. Nel nostro Paese, gli speciali coprono la gran parte del totale dei rifiuti prodotti: circa l’80%, per cui sono necessari ogni anno 600 euro a tonnellata. Dati i costi, non tutti seguono le regole.
Nella Terra dei Fuochi, dal 2001 ad oggi sono state aperte 33 inchieste per attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, con 311 ordinanze di custodia cautelare, 448 persone denunciate e 116 aziende coinvolte. L’Agenzia per l’ambiente della Regione Campania, ha individuato oltre 2 mila siti inquinati.
Spesso si tende a credere che i rifiuti interrati in Campania provengano da attività illecite limitrofe o comunque afferenti ad aziende del Sud: in realtà, questi rifiuti vendono da aziende di tutto il territorio che lavorano in piena legalità, ma che decidono di affidarsi ad imprese di dubbia legalità, o evidentemente di stampo criminale, che offrono costi di smaltimento bassissimi.
Il danno ambientale e la salute. Naturalmente, il danno creato sia dai liquami dei rifiuti ammassati nelle discariche, che dalla pratica del bruciare la spazzatura in eccesso, comprota rischi sia per l’ambiente che per la salute umana. Alcuni Comuni in particolare, hanno visto crescere sempre di più l’incidenza tumorale, proprio in prossimità del maggior numero di discariche: Acerra, Aversa, Bacoli, Caivano, Castelvolturno, Giugliano, Marcianise e Villaricca.
Le falde acquifere utilizzate per innaffiare le colture, l’aria e la terra stessa assorbono tutte le sostanze tossiche, creando mostri diventati molto celebri, come il caso delle mozzarelle di bufala blu, o della diossina nella frutta.
L’agricoltura buona. Ciò che spesso non emerge da articoli e inchieste che da anni fanno luce con coraggio su questa disastrosa vicenda, è il fatto che il problema dell’inquinamento non riguarda l’intero comparto agricolo campano. Secondo le analisi Arpac e Ispra, meno del 5% del territorio regionale è in pericolo, e meno dell’1% di tutto il suolo agricolo. Questo comporta che, oltre al danno all’ambiente e alla salute, il danno di immagine creato da questa pubblicità negativa mortifichi le attività di tutti quegli agricoltori e allevatori onesti, che tentano di tenere vivo il territorio compano.
La nuova legge. Chi appicca un rogo, fino a ieri, era punito con una contravvenzione: da oggi incorrerà in una sanzione penale. Il testo del decreto dice che chiunque appicchi il fuoco a rifiuti abbandonati o depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate è punito con la reclusione da due a cinque anni: se si tratta di rifiuti pericolosi la reclusione andrà da tre a sei anni. Inoltre, se è un’impresa a commettere il reato, la pena aumenterà automaticamente di un terzo.
Non solo un nuovo reato e sanzioni penali, ma anche monitoraggio e intervento sui territori: nel decreto, infatti, si fissano le condizioni per la classificazioni dei suoli e l’accertamento dello stato d’inquinamento, e soprattutto si guarda alla semplificazione degli interventi necessari, con la previsione di risorse per le bonifiche delle aree a rischio. Chi possiede terreni in questi territori deve consentire che vengano eseguite analisi scientifiche: in caso di rifiuto il campo sarebbe inserito nella lista No Food, ovvero l’elenco dei campi non destinati all’alimentazione.
Don Maurizio Patriciello, prete ormai simbolo della lotta dei cittadini della Terra dei fuochi, ha commentato:
“Ben venga la repressione, ma ora serve una mappatura urgente delle terre inquinate. Servono interventi a monte, leggi in grado di bloccare il fenomeno degli sversamenti abusivi sulle nostre terre, di rifiuti provenienti da tutto il territorio italiano”.
Tag:Campania, caserta, discariche, discariche abusive, italia, legambiente, napoli, rifiuti, rifiuti tossici, salerno, spazzatura, terra dei fuochi