“La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come paradiso”.
Fabrizio De André
Quanti di voi, si sono mai chiesti, cosa spinse De André fino ai piedi del maestoso monte Limbara? Considerando il fatto che, prima dell’ acquisto dell’azienda nel cuore dell’alta Gallura, già possedeva una casa in Sardegna, a Portobello di Gallura, può sembrare strano, o perlomeno insolito, un secondo acquisto. Probabilmente, il ruolo principale lo gioca il profondo legame che aveva con la campagna, fin da piccolo, quando per sfuggire alla guerra, viene mandato dai nonni vicino Asti.
Il desiderio di avere una campagna tutta sua cresce con lui, fino a diventare un bisogno vitale. Come poteva dimenticare i colori dei prati in primavera, l’odore del vento in estate, il rumore del silenzio che caratterizza la vita in campagna, ma sopratutto la gente semplice e genuina. Era proprio il modello di vita che voleva incarnare in quel preciso punto del suo percorso.
Ed é così, che dopo qualche ricerca e la voglia sempre più forte di cambiare, De André e Dori si trovarono davanti ad un posto magnifico, L’Agnata.
Mi piace pensare che la prima volta anche loro ne rimasero incantati, come chiunque di noi, quando ti trovi in un posto magico, dove il verde regna sovrano ed il vento agita i salici piangenti. L’antico “stazzo” dell’Ottocento, dopo essere stato sapientemente restaurato, non snaturandolo nella sua essenza, divenne la loro casa. Un luogo ideale dove ritrovare se stessi, godersi la tranquillità, crescere la loro figlia e perché no, fare il contadino. Era proprio questo il progetto di Fabrizio, lasciare i concerti e mettersi a coltivare la terra, allevare i bovini e vivere dai frutti che quella terra poteva dargli. La gente di quel luogo era gente umile, di sani principi, con una regola al di sopra di tutto il resto, l’ospitalità è sacra.
Non gli fu difficile innamorarsi della Sardegna, da genovese si sentì presto parte di questo luogo, tanto da definirsi sardo in più occasioni. Ed i sardi allo stesso modo si innamorarono di lui, per il suo saper guardare oltre, cogliere l’essenza di questa gente, dalla scorza dura ma dall’animo nobile. Per l’essere rimasto in questo luogo, nonostante i 4 mesi di prigionia.
Per aver capito e rispettato il nostro essere.
Il contadino che era in lui non oscurò il cantautore anzi, pur volendo abbandonare quel mondo, spinto dalla voglia di migliorare e far crescere la sua azienda, diede il meglio di se con la sua musica e le sue canzoni. Pensava che in fondo quel luogo fosse una bella eredità da lasciare ai figli, più di quanto non avrebbe potuto fare con le sue canzoni. Ma in questo forse si sbagliava.
Ancora oggi, passeggiando per le terre che circondano l’Agnata senti la presenza della persona che certamente ha contribuito a rendere questo angolo di terra ancora più magico, come se non avesse mai lasciato quel luogo. Come se fosse ancora qui, ad organizzare cene con gli amici e a cercare di imparare il gallurese.
Basta avventurarsi tra i boschi di querce sempre verdi per capire cosa, quel giorno del 1975, spinse Fabrizio e Dori ai piedi del monte Limbara.
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