
Lavori invernali
Incontro col poeta e scrittore Federico Guastella, autore di numerose sillogi e ricerche storiche. Al poeta, cultore della memoria iblea, abbiamo chiesto di tornare indietro nel tempo e parlarci della sua personale memoria dell’inverno.
“Tempo della memoria e d’ascolto l’inverno! Fin dall’ infanzia trascorrevamo le serate di vento e nevischio attorno alla conca, il braciere di rame a forma circolare, dove si aveva l’abitudine di fare arrostire le olive nere; le olive che, così arrostite, si andavano consumando man mano che la conversazione diventava coinvolgente. Appena scoppiettavano, significava che già erano pronte per servircene come companatico.‘U nuòzzulu, ciò che nel trappeto restava dei noccioli schiacciati, veniva impiegato come carbonella che sprigionava un benefico calore.
Intanto, si parlottava di gioie e di sventure, di gelosie e rivalità. Storie vissute erano quelle, magari colorate dalla fantasia di ogni parlante, sostituite oggi dalle fiction televisive. L’ascolto si caricava di mistero che navigava in lievi visioni. Grandi e piccini tendevamo le mani per riscaldarle, poi le passavamo sul volto e sulle gambe per sentire un poco di calore. Bella compagnia quella del fuoco!

Giocare a carte accanto al fuoco
Mia madre raccontava o leggeva le storie di Giufà o di Colapesce. Amava la lettura, e non mancavano in casa i libri adatti alla mia età. Mi piacevano le favole di Andersen, conoscevo la poesia del Pascoli che parla della neve. Magnifici compagni di viaggio i libri come anche la buona musica …! Mentre si conversava, lo sguardo era attratto dal rossore della brace. A tratti se ne udiva il crepitio.
L’inverno e il fuoco, dunque. Un forte simbolismo che ha fatto un lungo viaggio per giungere fino a noi. È solito, per carnevale, nei nostri paesi raccogliere i rami secchi, accatastarli e accenderli per bruciare, in segno augurale, il re burlone. Attira la fiamma che brucia elevandosi al cielo, strappa la contentezza, alimenta la speranza. Con essa si fa carico di aspettative l’inverno, stagione che sembra più lunga delle altre: la vita continua come rallentata. Un po’ di lentezza non guasta se fa emergere emozioni ed esercitare la memoria. E non solamente nei ricordi, ma anche per proiettarsi nell’attesa (l’etimologia latina indica una “tensione verso”).

Le mani lavorano durante l’attesa
Attesa come desiderio di giornate più luminose, di nuova primavera, che risorge da una stasi apparente tanto nebbiosa e uggiosa da spingere a volte alla malinconia. Il grigio è il colore dominante, a indicare l’oscurità che sembra non finire mai, ed evoca la sosta di Proserpina nell’Ade. “È lungo, troppo lungo l’inverno!”, questa l’esclamazione che annualmente si ripete. Ma c’è un modo diverso di operare nella natura durante la stagione invernale. Anche la dimensione ludica vi appartiene. E mi piace pensare, malgrado il disagio che possa comportare, alla neve: alla gioia che essa provoca nei bimbi.
Mi succedeva quando nel mio paese di montagna lentamente fioccava: provavo stupore nel volgere in alto lo sguardo e mi divertivo a raccogliere nel cavo delle mani quelli che per me erano batuffoli di cotone. Il paesaggio s’imbianca, acquista nuove sembianze. Il tragitto del solstizio, quasi impercettibile, muove dal regno dell’oscurità al risveglio di primavera, in cui gli alberi striminziti dal gelo si rivestono di gemme.
Da noi il mandorlo è il primo a fiorire. Non a caso, forse. In ebraico mandorla si dice Luz (“luce”), termine che, oltre ad esprimere il nocciolo indistruttibile e divino dell’essere, indica la luce emanante dalla sua presenza. Per gli astronomi, nel “Solstizio d’inverno” il sole si trova nel punto più basso dell’eclittica. L’astro sembra rimanere fermo per alcuni giorni, e riprendere il cammino in fase ascendente, tornando a risplendere per qualche minuto in più ogni giorno. Evento, questo, che, nelle diverse culture, ha significato la celebrazione della “ripresa della vita”.
Nell’antica Persia già aveva segnato la nascita di Mitra e, nell’antico Egitto, quella di Horus, figlio di Iside e Osiride. A Roma il giorno solstiziale era denominato come “natalis solis invictus” che nel cristianesimo era già o diventava il Natale di Gesù. Solstizio d’inverno, dunque, come progressiva sconfitta dell’oscurità da parte del sole. L’accorciamento delle giornate e l’allungamento delle notti viene così vinto dal ritmo dell’energia solare. Dopo la discesa agli Inferi, il sole risale allo Zenith. Il silenzio della natura si apre alla fecondità. Del resto, significativamente il brano evangelico dice: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv 12, 20 ss.)”.
Il seme diverso di ognuno, il bozzolo di crisalide: quello della propria interiorità. Non affondano i fiori di loto le radici nelle acque melmose? Non nasce l’arcobaleno dalle piogge che sferzano a volte la natura? L’inverno, dunque, stagione che veicola magnifiche mete: il tempo dell’ascolto che stimola la memoria e aguzza le facoltà di immaginazione e ragionamento, la riflessione su se stessi nel rapporto con gli altri, la vivida attesa di ciò che ancora non si conosce, la rinascita che libera. Con le voci di tanti, tutte diverse e importanti”

Federico Guastella
BIOGRAFIA
Federico Guastella, già insegnante, ha pubblicato in diverse riviste e libri contributi di pedagogia e didattica, nonché saggi su scrittori italiani. Alcuni suoi racconti hanno visto la luce sul quotidiano “La Sicilia” di Catania. Nel 1998 ha dato alle stampe il racconto lungo “La casa di campagna”; nel 2001 “Una notte d’estate e altri racconti”. Nel 2009 ha pubblicato il volume di poesia “Nel tronco incavato”. Suoi componimenti poetici hanno ottenuto riconoscimenti e risultano pubblicati in più antologie.
Due suoi saggi, “Colapesce” e “Mediterraneo”, sono apparsi nel volume Sicilia, edito dalla casa editrice Enjoy di Ragusa. Un suo lavoro intitolato “Risorgimento ibleo: impegno politico e speranze tradite” si trova nella rivista “Senzatempo” (volume n. 4 a cura della casa editrice “La Rinascita” di Chiaramonte Gulfi), stampata in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Nella medesima rivista: “Briciole paesaggistiche” (luglio 2010); “Mariannina Coffa, la poetessa di Noto a Ragusa” (dicembre 2010); “Tra profumi e colori, il Giardino: dal privato al pubblico” (luglio 2011); “Lo sguardo e la memoria” (aprile 2012).
La redazione Sololibri.net pubblica on-line le sue recensioni sui libri di Andrea Camilleri e di Gesualdo Bufalino. Sono del 2012 la raccolta di poesie “Geroglifico” (Libreria editrice Urso, Avola) – recensita sul quotidiano “La Sicilia”, “La Repubblica” di Palermo e sul periodico “La provincia di Ragusa” – nonché il racconto (in collaborazione), “Colapesce”. Nel 2013 è apparsa “Nuvole”, a cura dell’editore Urso di Avola. Sono del 2014 la raccolta di poesie “Tu, mio giorno e mia notte”, nonché il volume “Chiaramonte Gulfi – La mia diceria“.
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