Avete mai mangiato da McDonald’s? Sicuramente, almeno una volta vi sarà capitato: i peccati di gola sono concessi a tutti. Ma è noto che eccedere in uno stile di vita da fast food crea problemi di salute notevoli: a sconsigliare di andare da McDonald’s, questa volta, è proprio McDonald’s.
Un’uscita che per l’azienda sarà risultata quantomeno imbarazzante, ma che riflette la verità su cosa ci sia negli alimenti da fast food: grassi saturi, eccesso di calorie e sale, zuccheri raffinati, tutto quello che può portare all’obesità. E a dirlo è proprio McDonald’s: da McResource Line, dedicato solo al personale del fast food, avrebbe consigliato ai propri dipendenti di evitare i cibi della catena, definiti “poco salutari”.

numerose ricerche hanno dimostrato che l’abuso di cibo da fast food è diretta causa di obesità e di malattie cardiovascolari
Ma la “viralità” della rete non da scampo: poco dopo il messaggio è stato rimbalzato su una miriade di siti. E, naturalmente, la multinazionale del fast food si è premurata di rimuoverlo immediatamente: la pagina web, poche ore dopo l’infausto annuncio, aveva fatto “take down”, era stata cioè cancellata. Su McResource Line sono stati definiti dall’azienda stessa “non salutari” gli hamburger e i fritti, con raccomandazioni a limitare il consumo di questi prodotti da parte dei soggetti che hanno pressione alta, diabete o malattie cardiache.
“Il fast food è veloce poco costoso e un‘alternativa veloce alla cucina casalinga- si leggeva sulla pagina dedicata ai dipendenti- ma l’eccesso di calorie, i grassi saturi, lo zucchero e il sale contenuti in questi prodotti possono portare all’obesità”
Dalla sede principale dell’azienda, poche ore dopo il take down, arriva il comunicato ufficiale di smentita: “le parole sono state travisate e portate fuori contesto, generando giudizi e commenti inopportuni”, scrive McDonald’s. Ma le notizie apparse sul sito non sono un segreto: da decenni molti nutrizionisti si battono, soprattutto negli States, per sensibilizzare genitori e adulti in genere sull’uso smodato di cibo da fast food. Le ultime campagne contro il cosidetto junke food, il cibo spazzatura, sono state portate avanti dall’ex sindaco di New York, Micheal Bloomberg, e dalla first lady Michelle Obama.
Il problema del fast food, non sta solo nella raffinazione dei cibi: l’origine della carne, ad esempio, è un tema molto dibattuto. Qualche tempo fa, l’amministratore delegato di McDonald’s Italia, ha addirittura comprato un’intera pagina di Repubblica per ribadire che “la carne utilizzata per tutti i panini proviene 100% da bovini nati, allevati e macellati in Italia”.
Ma la provenienza, non è sinonimo di garanzia e sicurezza: la carne usata per gli hamburger precotti e surgelati è carne di vacca, ovvero di mucche alla fine della loro vita, cosa che costa notevolmente meno della carne bovina “classica”. Non solo è carne dura e poco nutriente, ma insieme a questa spesso vengono macellati cartilagini, frammenti di ossa e altri elementi considerati “inadatti” al consumo alimentare.
Il problema va oltre: a questi elementi viene aggiunto idrossido d’ammonio e vengono poi macinati per produrre quello che lo che Jamie Oliver -autore di un documentario contro la multinazionale americana- ha definito pink slime: una pasta di scarti con le quali McDonald’s confezionava ad le sue crocchette di pollo impanate e altri prodotti.
L’ammoniaca è necessaria per uccidere i microbi degli scarti di carne, che altrimenti sarebbero pericolosi per l’alimentazione umana: a sua volta, l’ammoniaca è tossica e non viene neanche menzionata tra gli ingredienti, perché considerata parte del processo di lavorazione.
Dopo il documentario di James Oliver, che ha suscitato parecchie polemiche negli States, McDonald’s ha parzialmente modificato le ricette con cui produce hamburger e simili e abbandonato l’uso dell’ammoniaca nella maggior parte delle sue produzioni, cosa che avevano già fatto alcuni concorrenti come Burger King e Taco Bell.
Ma le conseguenze negative di un’alimentazione da fast food non sono legate solo all’aspetto salutistico: è tutta la catena di produzione, dagli allevamenti al consumo, a creare gravi conseguenze per l’intero pianeta.
Oltre a reclamizzare cibo non salutare, infatti, affama i lavoratori della propria catena, privandoli dei più elementari diritti. Le terre usate per allevare il bestiame sono espropriate dalle multinazionali del cibo e i coltivatori originari vengono cacciati: terre che servono anche per la produzione di foraggi tramite colture intensive, spesso “aiutate” da pesticidi e fertilizzanti, e per la produzione di legname. Le terre incolte vengono inoltre rase al suolo, con un enorme danno per la biodiversità di quei luoghi e per l’equilibrio generale del nostro sistema.
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