Un martire che ha salvato Acireale dalla peste e dai bombardamenti. È questa la storia che viene raccontata in Sicilia su San Sebastiano. La sua vita si svolge nel V secolo. Fu educato a Milano e divenne un soldato di fiducia dell’imperatore Diocleziano, che gli affidò il comando della prima coorte. Quando quest’ultimo scoprì che Sebastiano era di fede cristiana, lo vide come un traditore e lo condannò a morte: doveva essere trafitto da frecce.
Secondo la leggenda, dopo questo martirio il suo corpo fu abbandonato, perché i carnefici lo pensarono morto; ma non lo era. Sebastiano fu curato e guarì. Tornato da Diocleziano, l’imperatore lo condannò di nuovo alla stessa pena e dopo la sua morte il corpo fu gettato nella Cloaca Maxima (la più grande condotta romana fognaria).
Le frecce in antichità erano il simbolo della peste e quindi Sebastiano, con il suo martirio, divenne protettore contro questo flagello, che colpiva le città di tutta Europa, come in Sicilia. Nel 1473 fu edificato un tempio votivo dedicato al Santo ad Acireale, dai cui resti venne eretta la chiesa di Sant’Antonio da Padova. La città sicula è particolarmente devota al Santo, dato che la cfu risparmiata dalla pestilenza e scampò a un bombardamento nella Seconda Guerra Mondiale.
I festeggiamenti si tengono il 20 gennaio. La mattina la sua statua (che si trova nella chiesa di Sant’Antonio) viene montata su un grosso marchingegno ligneo. Alle 5.30 la chiesa chiama, con 7 scampanat,e i fedeli e dalle 6.15 iniziano le messe. Poi entrano nella Basilica i devoti legati ai Cavalieri di Malta, gridando a squarciagola frasi in dialetto siciliano, come: “Taliàtilu quant’è beddu, lu rizzareddu” (“Guardatelo quant’è bello, il ricciutello”che è il soprannome del Santo); “Amamulu cu tuttu lu cor” (“Amiamolo con tutto il cuore”); “Semu tutti ê tò pedi” (“Siamo tutti ai tuoi piedi”); “Nun semu muti, Viva Sammastianu” (“Non siamo zitti, viva San Sebastiano”). A quel punto, la cappella viene aperta al pubblico. Alla cerimonia segue la processione per le vie della città, con il trasporto su spalla del fercolo.
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