La Sardegna, una delle regioni più misteriose d’ Italia, affonda le sue radici profonde nel mondo agro-pastorale.
Da sarda posso dire che è una parte imprescindibile di noi, quasi tutto ne richiama quell’origine. Il nostro bagaglio storico, gli usi e costumi, le nostre feste, il vestiario tradizionale, la cucina tipica, sono un continuo rimando alla vita dei pastori di un tempo passato, ma dai colori e profumi ancora vivi. Anche il territorio non è immune a questo legame. I segni del tempo, abitazioni tipiche, strade e vie rurali ci riportano indietro, come se solo attraversando queste vie, il tempo si fosse fermato.
Tuttavia è un territorio che in certi punti presenta alcune difficoltà per gli allevatori, specie nei mesi invernali. Per la forte necessità di superare questo ostacolo, anche in Sardegna abbiamo importanti testimonianze di transumanza.
La Transumanza, in sardo Tramudas, è una pratica molto antica ed è stata molto attiva in Sardegna fino ai primi degli anni ’70. Se vogliamo è anche una delle più antiche forme di turismo interno, benché il pastore sardo non fosse nomade per vocazione ma per necessità.
E’ proprio grazie ad essa che abbiamo ereditato il famosissimo pane carasau, creato in modo che possa essere trasportato, ma sopratutto per durare il più possibile senza rovinarsi.
Lungo questi percorsi si stringevano nuovi legami che, di anno in anno si facevano più forti, grazie ai quali si affrontava un nuovo percorso di crescita, di scambio sociale, molto importante nella storia della nostra regione. Con la modernizzazione del sistema lavorativo pastorale, la motorizzazione sempre più diffusa anche nell’isola, si perdono le tracce della transumanza, dimenticando tra le altre cose, antiche pratiche e saperi che facevano parte di quella che ormai era una tradizione.
Oggi, dei percorsi della transumanza, restano dei fantastici itinerari che vanno alla scoperta della nostra terra. Ripercorrendo le stesse tappe fatte dai pastori per centinaia di anni e di recente riscoperti dai GAL ( Gruppi di Azione Locale), sotto forma di piccoli viaggi molto slow alla scoperta di luoghi incantati. Posti che sanno raccontare ad orecchie sensibili, desiderose di non essere solo semplicemente turisti, ma viaggiatori curiosi e rispettosi delle storie dei luoghi visitati.
Il primo percorso che vi voglio presentare è quello al quale sono maggiormente legata, il protagonista è il cuore della Sardegna centrale, percorrendo strade a cavallo tra la Barbagia e il Mandrolisai. Lo scopo della transumanza in questi territori, era quello di raggiungere i pascoli del Campidano che di certo, specie nei mesi invernali, erano più floridi e miti rispetto a quelli di montagna.
Il tragitto è disegnato partendo da Gavoi, ma piano piano ci si snoda verso i percorsi fatti dai pastori, passando per Fonni, Tonara, Aritzo, fino ad arrivare a Meana Sardo. Da li, passando per altre vie che toccano i paesi di Atzara, Sorgono, Tiana Ovodda e Ollolai, si ritorna al punto di partenza, ma con un bagaglio carico di emozioni inimmaginabile. La Sardegna centrale è uno scrigno che merita di essere aperto. Questo tragitto è carico di storia, tradizione ma sopratutto di ospitalità. Ognuno di questi luoghi ci regala un pezzo di se stesso, facendoti sentire a casa.
È di certo uno dei modi migliori per fare turismo slow in Sardegna, per questo ci piace, ma di certo non è l’unico.
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