La laguna di Venezia si tinge di verde. Torna il Green Drop Award, il premio per il miglior film con tematiche ambientali tra quelli presenti alla 70esima Mostra Internazionale di Arte Cinematografica. La giuria, presieduta dal regista Mimmo Calopresti e composta dall’attrice Ottavia Piccolo e dal climatologo Vincenzo Ferrara, assegnerà il premio al film in concorso, fra i 20 della selezione ufficiale, che “meglio abbia interpretato i valori dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile, con particolare attenzione alla conservazione del Pianeta e dei suoi ecosistemi per le generazioni future, agli stili di vita e alla cooperazione fra i popoli”.
Attraverso il cinema, i suoi autori e i suoi divi, che sempre di più condividono gli ideali e l’urgenza di risolvere la crisi ambientale, Green Cross è impegnata in azioni di sensibilizzazione e di aiuto concreto in numerose aree del pianeta. Questo è il secondo anno che la mostra del Cinema di Venezia assegna un tema legato all’ambiente. Nel 2012 la giuria capeggiata da Ermanno Olmi ha assegnato il premio a La quinta stagione di Peter Brosens e Jessica Woodworth.
l trofeo Green Drop, soffiato dal maestro vetraio Simone Cenedese di Murano, rappresenta una goccia d’acqua al cui interno trova posto un campione di terra che ogni anno giungerà da Paesi diversi. La terra inserita nel 2012 arrivava dal Brasile dove si è svolta la nuova Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile “Rio+20”.
Avvistata oggi la goccia 2013 in lavorazione alla “bottega” di Simone Cenedese… http://t.co/et4cWV0c4g
— Green Drop Award (@GreenDropAward) August 28, 2013
Il legame tra terra e acqua e il collegamento con un luogo sempre diverso del mondo vuole simboleggiare l’humus fertile nel quale le generazioni future potranno conciliare sviluppo ed ecologia. La goccia inoltre simbolizza la forza di ogni piccola azione anche quella, potentissima, di un film.
Il connubio tra cinema e ambiente parte da lontano. Secondo il critico e cineasta Bertrand Tavernier il primo film ecologista della storia fu girato dai fratelli Lumiere nel 1899, riprendendo gli incendi dei pozzi petroliferi a Baku, in Azerbaigian: Puits de pétrole à Bakou. Vue d’ensemble. Il genere, come tale, ha cominciato a prendere coscienza di sé dagli anni ’80 in poi, con film come Gorilla nella nebbia, ma ha assunto consistenza di pubblico solo nei primi anni del Duemila, grazie soprattutto a registi come Roland Emmerich (L’alba del giorno dopo, 2012).
Come, nel nostro cinema, la storia dell’ambiente e della crisi ecologica è stata raccontata dalla sensibilità di grandi autori come Giuseppe De Santis (Uomini e lupi, 1957), Franco Rosi (Le mani sulla città, 1963), Ermanno Olmi (Il segreto del bosco vecchio, 1993) o Matteo Garrone (Gomorra, 2008).
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