“Non importa che tu sia da ostello o da quattro stelle. Viaggiare è questione di metodo e creatività”. Virginia Fiume 30 anni e tanti viaggi da raccontare, nel suo ebook “Il Manuale per viaggiatori solitari” (solo 0,99 centesimi) offre interessanti consigli su come organizzare la migliore vacanza da intraprendere da soli. Nel libro trovano spazio vari e divertenti identikit di viaggiatori solitari, dal romantico ferito al fuggivo, dallo sportivo-spirituale all’epigono di Kerouac, cioè quello che “ha la targhetta bianca della Route 66 attaccata al muro. Da anni mette da parte i soldi per il Grande Viaggio”. Utili i consigli su come usare i portali on line di prenotazione di alberghi, mezzi di trasporto o i suggerimenti per la gestione del bagaglio. Oltre ai preziosi link a siti o servizi utili, come il sito curato dal ministero degli Esteri (viaggiare sicuri.it) o la piattaforma di Angelsfortravellers, insomma insegna ad “usare i portali senza farsi usare da loro”.
Virginia in questo piccolo ebook rappresenta in pieno il senso della rete e la sua ipertestualità. Consiglia senza sentenziare, incuriosisce senza giudicare creando un collegamento pratico con il viaggio. Scrive saltuariamente su Nova, inserto del Sole 24 Ore e collabora come freelance a progetti di ricerca, bibliografica, culturale, etnografica o come consulente per la creazione di progetti editoriali. Si autodefinisce una storyteller, una persona che ascolta le storie e trova il modo migliore possibile di raccontarle. Nell’intervista al Daily Slow ci parla del suo libro.
Il tuo ebook nasce da un progetto, dal blog Hobomondo, vuoi raccontare come è cominciato e perché hai scelto di aprire un blog?
Il Manuale per viaggiatori solitari è uscito in una collana della casa editrice 40k che si chiama Unofficial. La definizione che utilizzano è molto chiara: “A metà tra editoria tradizionale e self-publishing. A metà tra blog e libro”. Mi è sembrata la destinazione ideale per aggregare alcuni dei trucchi e delle suggestioni che in un anno avevo raccolto nel blog Hobomondo. Perché un blog sui viaggi? Ho aperto il mio primo blog nel 2004. Negli anni ho imparato ad apprezzare sempre più questo strumento che permette di scrivere contenuti “arricchiti” di link, riferimenti e, spesso, delle integrazioni che chi ti legge inserisce nei commenti. Gli esperti dicono che i blog “di nicchia” sono quelli che funzionano meglio. Non ne sono sicura, credo che ogni singolo contenuto funzioni in maniera autonoma. Ma quando vivevo a Palermo ho scelto di affiancare al mio blog personale, Storie fatte di parole, un progetto destinato unicamente ai viaggi. E così è nato Hobomondo, un modo per suggerire un modo di viaggiare che prescinda dai circuiti (anche informativi) di massa e che si basi il più possibile sull’incontro con le persone del posto e sulla ricerca di canali di informazione alternativi.
Scrivere di viaggi. I siti di travel blogger stanno avendo molto successo (vedi Life in Travel, Non solo turisti…) e anche le community di amanti del territorio (vedi Paesaggi d’Abruzzo). Assistiamo a una riscoperta del territorio, di usi e tradizioni e anche di un vivere slow. Cosa è per te un viaggio slow?
Credo che un “viaggio slow” sia ciò che ci permette di vivere un’esperienza di vita diversa dai ritmi e dalle modalità del nostro quotidiano: significa cercare sapori e odori che non sentiamo quando siamo in città, circondati dal cemento e dalla velocità. Significa fermarsi a guardare un edificio e sentirne la storia. O anche solo prendersi il tempo per pensare alla propria vita senza una notifica Facebook sullo smartphone o un email a cui ci sentiamo in dovere di rispondere immediatamente.
Viaggiare da sola. Fare il primo passo per decidere di intraprendere un viaggio in solitaria non è facile, cosa consiglieresti a chi vorrebbe farlo ma non trova il “coraggio”?
A dire il vero io non ho fatto tantissimi viaggi solitari. Ci sono persone più esperte di me, che ne hanno fatto quasi uno stile di vita. Come Francesca Di Pietro che ho anche intervistato nella prima parte dell’ebook, che al momento si trova in Indonesia dove starà per due mesi. Lei per aiutare le persone che sentono la spinta a viaggiare da soli ma hanno paura di farlo offre un servizio di travel coaching. Una cosa simile la fa Giovanna Maulino. In generale penso che il consiglio migliore sia quello di ricordare che in viaggio in realtà non si è mai da soli: con un mix di fiducia nel proprio istinto e socievolezza si incontrano tantissime persone: compagni di ostello, incontri casuali in treno, itinerari con una guida, ogni occasione è un’opportunità di incontro. Occorre anche ricordare, per togliere un po’ di alone di timore all’esperienza, che il viaggio solitario non è necessariamente il viaggio “zaino in spalla”. Anche una settimana in un elegante agriturismo con stazione termale è un viaggio solitario. Almeno secondo me. A me in certe situazioni è sembrata l’unica cosa che avevo voglia di fare. Detto questo: non è mica obbligatorio.
Quanti viaggi così hai fatto e dove? Quale ti ha lasciato qualcosa di più e in quale posto torneresti? Un posto da consigliare come primo viaggio da soli?
Sono stata in Irlanda, in Canada, nei Paesi Baschi, in Corsica e – quando facevo servizio civile in Palestina – ho fatto diversi viaggi brevi in Israele e Giordania. Forse un buon punto di partenza è l’Irlanda: ottimi collegamenti, diverse tipologie di strutture ricettive e una popolazione – cercando di non generalizzare – molto accogliente.
Tu dici che il viaggiatore solitario sa bene che la solitudine non è reale, perché intorno a lui si affollano vari personaggi. C’è differenza tra viaggiare da soli e stare da soli…
Viaggiare da soli significa, spesso, incontrare tante persone. Stare da soli invece significa ritagliarsi tempo e spazio, cuciti su misura sulle proprie esigenze. Una cosa non esclude l’altra.
Hai ricevuto qualche critica per il libro, ma tu stessa spieghi che è un libro blog e ricco di link e spunti di approfondimento, che effetto ti ha fatto la critica?
La critica è arrivata in uno spazio in cui me la aspettavo, in un commento dalla community di Voglio vivere così. In fondo anche io nell’ebook non sono stata generosa con alcuni di loro, definendo il forum uno spazio con una certa abbondanza di spocchiosi. Non tutti ovviamente: ho citato quella community come uno dei luoghi migliori dove trovare consigli di qualità e confronti interessanti, soprattutto se il viaggio è un vero e proprio trasloco in un altro posto del mondo. La persona che mi ha criticata ha detto che “il viaggio solitario è tutto un’altra cosa”. Non so bene “un’altra cosa” rispetto a che parametro. Non mi ha massacrata come critica. Me la aspettavo. Ci sarei rimasta peggio se mi avessero detto che il libro era scritto male.
Che differenza c’è tra il turista e il viaggiatore?
Ci vorrebbe un saggio, o un articolo intero, per ragionare su questa differenza. Sociologia, antropologia, scienze del turismo sono ricche di ragionamenti e distinzioni. Credo che la differenza principale stia nel fatto che il turista è un soggetto che vive la vacanza come una “merce”: compro un’esperienza e poco importa se quell’esperienza è stata costruita come “autentica” solo per rispondere a una aspettativa ipotizzata. Mentre il viaggiatore vive più la dimensione dell’incontro, di una ricerca autonoma di quello che gli piace, che spesso coincide con l’incontro con le persone che vivono in un luogo. Si parla infatti di “industria del turismo”, non di “industria del viaggio”. Ma il confine è sfumato. Entrambi hanno bisogno di servizi. Ed entrambi hanno spesso più soldi a disposizione per una vacanza rispetto allo stipendio medio del luogo che stanno vivendo. Credo che sia necessario, più che altro, riflettere sempre sull’impatto che turisti e viaggiatori hanno sui luoghi. E ancora di più sull’importanza dei racconti che portano a casa. Viaggi e turismo sono un potentissimo strumento di relazione con “l’altro”.
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