Parto da VISSO e percorro la strada che nel passato costituiva la più importante via di comunicazione con l’antico centro storico di Norcia, oggi uno dei “100 borghi più belli d’Italia”. Seguo un tratto dell’antica “Via di Macereta e Laureta”, un tempo percorsa dai pellegrini che dal Regno di Napoli si recavano al Santuario di Loreto attraverso la valle del Chienti. Mi corre subito l’obbligo di una sosta al Museo della Chiesa di S. Agostino (del XVI secolo) per ammirare i preziosi manoscritti del grandissimo Giacomo Leopardi.
Risalgo il versante ovest circondata da un paesaggio dominato da imponenti pareti rocciose, quelle del Monte Bove che dai suoi 2112 metri precipita con un salto di 700 metri sulle Valli di Ussita e di Panico: sono ben visibili nella roccia i segni lasciati dai ghiacciai del periodo Quaternario! Raggiungo poi CUPI, piccolo villaggio-presepe montano punteggiato da macchie di greggi di ovini. Lascio alle mie spalle questa splendida via dei pellegrini e dei pastori per avventurarmi su sentieri meno frequentati. Salendo progressivamente di quota la coltivazione agricola si presenta più povera presentando lenticchie, frumento e foraggio. Sono però gli splendidi colori di questo inizio di inverno a catturare il mio sguardo e la mia attenzione: si possono infatti vedere colorate bacche rosse della rosa canina risaltare vistosamente in mezzo al bianco della neve.
Arrivo finalmente ai piedi dell’imponente Monte Vettore. Dalla cresta, che incombe sulla piccola frazione di MONTEGALLO, precipitano fossi e canaloni di origine glaciale che convogliano le acque sorgive e meteoriche nel torrente Fluvione, affluente del Tronto. Proseguo poi sul “sentiero dei mietitori” un tempo percorso, durante la notte, dai braccianti locali per raggiungere i paesi vicini e “fare la piazza” ossia aspettare l’arrivo, alle prime luci dell’alba, dei proprietari terrieri per possibili ingaggi nei lavori di mietitura.
Lungo il sentiero il panorama si apre su valli rigogliose tra i due importanti Parchi Appenninici, quello dei Monti della Laga-Gran Sasso e quello dei Sibillini.
In questi posti si percepisce un ‘habitat’ più selvaggio con continui cambiamenti di vegetazione man mano che si sale fino a raggiungere la parte più elevata del monte. Nei primi 1000 metri di quota domina il bosco di roverella, carpino nero e orniello, poi subentra la faggeta, prima mista e poi pura. Al di sopra del limite boschivo si sviluppano i pascoli primari o naturali con la comparsa anche della stella alpina. Un territorio che ha visto un secolare e spesso ‘amichevole’ rapporto di integrazione tra l’azione della natura e quella dell’uomo, un incontro tra le due realtà ricco di aspetti preziosi ed oggi particolarmente valorizzato affinché venga continuato e tramandato fedelmente alle generazioni successive. Ti capita allora di incontrare numerosi e curati centri o nuclei abitativi di origine medievale che custodiscono al loro interno costruzioni di notevole interesse storico ed architettonico. Lo splendido Parco Nazionale dei Monti Sibillini fa in qualche modo da cornice-contenitore di questi spazi umani con i suoi 70.000 ettari di estensione, 18 comuni abitati ed una popolazione di circa 16.000 unità. Il Parco, di straordinario rilievo anche internazionale, rientra nel più ampio progetto “Un Parco per tutti”, nato per salvaguardare l’ambiente e promuovere uno sviluppo socio-economico sostenibile.
E in questa terra di confine tra le due regioni si possono ammirare le abbazie ed i centri storici medievali, disseminati a guisa di corona alle falde del gruppo montuoso, luoghi che non possono non risvegliare la nostra fantasia riferendosi alle molte leggende sacre e profane in essi racchiuse.
Arrivo infine in prossimità di ARQUATA DEL TRONTO: lo sguardo è subito catturato dalla splendida Rocca medievale: una vera e propria fortezza, un magnifico esempio di architettura militare risalente al XIII secolo, costruita a sud del Monte Vettore e posta al confine tra Umbria, Lazio ed Abruzzo. La sua posizione è assolutamente strategica in quanto sovrasta un lungo tratto della Via Consolare Salaria, importantissimo tratto di collegamento dell’Impero Romano tra il Mar Tirreno e l’Adriatico.
La città di Arquata nel medioevo era conosciuta in tutta Europa come regno di demoni, negromanti e fate. Fra le numerose leggende ricordiamo quella della Sibilla, “illustre profetessa” che viveva in una grotta sita sull’omonimo monte e quella che racconta la misera fine del corpo ormai senza vita del procuratore di Gerusalemme Pilato: secondo tale leggenda le sue spoglie furono trascinate da alcuni bufali nelle acque rosseggianti del “demoniaco” lago, situato in una incisione valliva del monte Vettore.
Di particolare interesse culturale si presenta la Chiesa di S. Francesco dove è custodita “la Sindone di Arquata” illuminata da cento lampade, come quelle che accompagnavano la Sindone nelle processioni praticate durante i periodi di carestia, siccità e guerre. La Sindone di Arquata costituisce, secondo la tradizione cristiana, un frammento della Sindone di Torino e racchiude quindi in sé, per il credente, le tracce del sangue del Cristo morto. Rimane comunque per tutti, credenti e non, un prezioso documento conservato qui per molti secoli e in grado perciò di metterci in qualche modo in contatto con il lontano passato di questo centro.
L’ultima parte del mio viaggio passa in modo lineare e particolarmente piacevole dalla cultura al cibo. Raggiungo infatti ROCCAFLUVIONE dove si sta svolgendo il 1° Festival del Tartufo Nero Pregiato con annessi convegni, degustazioni e visite guidate.
Ho l’opportunità di partecipare alla visita in un’azienda “tartufaia”. Ci guida il titolare accompagnato dal suo inseparabile e ‘prezioso’ cane attraverso campi innevati con lo sguardo e l’olfatto pronti ad individuare il saporito prodotto “nero”. E alla fine della passeggiata una bella sorpresa mi attende nell’agriturismo “ecosostenibile” aziendale. La titolare è infatti intenta a preparare uno squisito aperitivo a base di olive ascolane e tartine con uova e tartufo. Non possono mancare i tipici dolci locali.
Nel congedarmi da voi voglio proporvi la ricetta di un dolce speciale, quello che naturalmente io ho più gradito: provatela, vi assicuro che non ne rimarrete delusi!
Torta di frutta secca “Angelozzi”
4 uova
200 grammi di zucchero
1 bicchiere e mezzo di latte (la misura è quella di un bicchiere di carta)
¾ (misura bicchiere) di olio extra vergine di oliva
2 bustine di lievito per dolci
1 bustina di vanillina
500 grammi complessivi di (fichi, uvetta, granella di nocciole, noci, mandorle toste e nocciole tostate)
½ kg di farina 00
burro per imburrare lo stampo.
Sbattere lo zucchero con le uova, aggiungere il latte e l’olio, continuare a sbattere inserendo il lievito e la vanillina. Quando omogeneo aggiungere la frutta secca e lasciare riposare 5 minuti. Mescolare poi la farina e imburrare uno stampo di 30cm di diametro. Cuocere in forno per 30 minuti a 200 gradi.
Buon appetito dunque, con l’augurio di avere fatto nascere in voi la curiosità e magari anche la voglia di raggiungere e visitare un giorno questi luoghi tanto belli quanto, appunto, un po’ ‘inesplorati’.
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