Dopo la storia della Cicerchia e le ricette che con essa si possono creare, è arrivato il momento di parlare di una delle aree dove viene coltivata: Licodia Eubea, piccolo e sorprendente paesino, adagiato sulle colline a nord-ovest dei Monti Iblei, al confine tra le provincie di Ragusa e Catania.
Un Luogo ricco di interesse, storia, tradizioni e cultura – a 630 metri sopra il livello del mare – Licodia Eubea fu fondata dai Calcidesi di Leontinoi nel 650 a.C.
Dalle narrazioni di Tucidide, di Marcione di Eraclea e di Diodoro Siculo, risulta che una colonia di Calcidesi dell’Isola di Eubea, che approdarono a Messina, diedero vita a diverse città, tra cui Eubea, nell’attuale sito di Licodia.
I numerosi ritrovamenti archeologici di epoca ellenistica, le ceramiche di epoca classica rinvenute nei campi di Pizzo del Corno, gli scavi effettuati nel 1985 nel centro storico della cittadina, sono solo alcune delle testimonianze che tendono a confermare l’origine greca di Licodia.
Molti dei reperti archeologici acquisiti negli anni mediante ritrovamenti e scavi sono raccolti ed esposti nel locale Museo Archeologico “Antonino Di Vita”.
Durante la dominazione saracena in Sicilia, il Monte di Licodia divenne un presidio militare di strategica importanza, provvisto di fortificazione, trasformato poi, in epoca normanna, nel castello di Licodia, la cui esistenza è storicamente attestata a partire dal 1272.
Nel medioevo Licodia venne anche denominata la Piccola Palermo, come ricordano gli anziani del luogo e molti libri di storia locale, (in siciliano detta “Palermu u piccilu”, per l’elevato numero di famiglie nobili nel suo territorio e quindi per la sua potenza commerciale e politica). La prima signoria documentata fu quella di Bertrando Artus, in epoca angioina. Con gli Aragonesi il feudo tornò sotto il controllo regio, fino al 1299, anno in cui re Federico III d’Aragona lo concesse a Ugolino Callari (o di Callaro), col titolo di conte. Passò poi alla famiglia Filangeri. Nel XIV secolo Re Martino affidò le terre licodiane ad un’altra famiglia nobile, gli Adamar, signori di Santa Pau, da cui prenderà il nome il castello (Castello Santapau). Il periodo di maggior lustro Licodia l’ebbe nel XV e XVI secolo quando la famiglia Santa Pau ne governò il territorio.
Il 1615 segnò il passaggio del feudo al principe Muzio Ruffo di Calabria.
Il terribile e devastante terremoto della Val di Noto nell’anno 1693, distrusse quasi del tutto il castello, riducendolo agli attuali ruderi. Licodia contò molti danni sia materiali che umani, infatti ben 258 persone persero la vita sotto le rovine e moltissimi edifici tra religiosi e civili vennero gravemente danneggiati o rasi al suolo.
In particolare si tramanda la storia della chiesa “all’armi scacciati”, le anime schiacciate, dove molte persone raccolte in preghiera all’interno del tempio, per scongiurare il sisma che già si era fatto sentire con piccole scosse, rimasero uccise a causa del terremoto.
Al contrario di molte città siciliane colpite dal sisma, Licodia fu ricostruita nello stesso luogo dove sorgeva in passato e i lavori di restauro per i maggiori edifici pubblici iniziarono subito. Alcuni edifici religiosi, come la chiesa del monte Calvario e la chiesa del Crocefisso rimasero illese mentre altri, come la chiesa madre e il convento dei cappuccini, furono in parte restaurati.
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